Giovedì 25 Aprile 2024

La fiera delle illusioni: i mostri sono da Oscar

Nel nuovo film di Guillermo del Toro un ritratto delle paure dell’America di oggi attraverso gli incubi dei fenomeni da baraccone

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di Andrea Martini

Gli Usa vivono un momento difficile: il Paese è insicuro (la Cina corre di più), impaurito (Covid), sbandato (assalto al Campidoglio) e l’orizzonte non è, al momento, roseo. Hollywood come sempre s’adegua: via la realtà dallo schermo a vantaggio della fantasia, meglio se grigio-nera. E poiché l’originalità è merce rara regna il remake. Cercare nel repertorio offerto dal passato rassicura, anche se in quest’occasione si è fatto ricorso non a un vecchio successo ma a una pellicola controversa. Uscito in patria da un mese sta per arrivare (nei cinema italiani dal 27 gennaio) Nightmare Alley - La fiera delle illusioni replica del bizzarro e morboso film diretto da Edmund Goulding nel 1947 firmato oggi da Guillermo del Toro, sempre a suo agio quando le atmosfere si fanno sulfuree e inquietanti.

La vicenda tratta, come l’originale, dal bel romanzo di William Lindsay Gresham – rimasto incredibilmente inedito da noi fino alla recente edizione di Sellerio – s’incentra sulla figura di un bell’imbusto dal passato ambiguo e dalle eco faustiane, manipolatore delle menti più semplici, ambizioso e spericolato. Principe di un baraccone ambulante, re delle fiere di paese con fenomeni che non esitano a divorare animali vivi e a sgozzarne altri per il piacere sadico degli spettatori, il ciarlatano si vanta d’incantare platee con finti esperimenti di spiritismo. Intrepido e visionario è un antieroe che sa far ribrezzo e intenerire. Nel film di Goulding a dare luce a questo carattere ambiguo vi era Tyrone Power, all’apice del successo ma desideroso a quel tempo di scrollarsi di dosso i panni del romantico avventuriero: mal gliene incolse, ai tempi le fan gli voltarono le spalle.

Oggi nella versione di Guillermo del Toro (con un cameo della figlia di Tyrone, la “nostra“ Romina) è Bradley Cooper a colorare di un tono più intimo l’amara parabola del protagonista: i giornali Usa lo danno già come vincitore del prossimo Oscar da migliore protagonista. Cooper, 47 anni, ha già avuto come attore quattro nomination (da non protagonista per American Hustle; da protagonista per Il lato positivo American Sniper e A Star is Born con Lady Gaga di cui firmava anche la regia); e in questi giorni il divo sta facendo parlare molto di sé con le rivelazioni di quanto accaduto sul quel set, ovvero i particolari sulla sua scena di nudo integrale e frontale, che ha richiesto sei ore di tempo per essere girata. Bradley ha fatto sapere di essere rimasto senza vestiti per tutto quel tempo davanti alla troupe: "La scena di sesso fra me e Toni Colette faceva parte della storia. Serviva che io e lei fossimo nudi, emotivamente e profondamente, ma nel mio caso anche fisicamente: è stato piuttosto pesante, ma non c’era nulla di gratuito in questo".

Il regista messicano, da sempre amante del lato umano del mostro – vedasi la creatura anfibia al centro della Forma dell’acqua, Leone d’oro della Mostra di Venezia e premio Oscar per film e regia nel 2017 –, si è facilmente lasciato attrarre dall’umanità diseredata e dolente, anche se a tratti violenta e sopraffattrice, che popolava i baracconi delle sagre country che negli anni ’30 e ’40 erano in grado di richiamare grandi folle negli sterminati territori tra il midwest e l’ovest. Un terreno d’elezione in cui far muovere freaks e altre figure orripilanti senza scostarsi troppo dal nero ma magico tocco che è per eccellenza il segno dell’autore di Cronos, Mimic, La spina del diavolo.

A fianco del protagonista troviamo Rooney Mara, Cate Blanchett e – appunto – Toni Collette, tre archetipi (l’ingenua innamorata, la femme fatale e la compagna fedele: la classica declinazione che il cinema hollywoodiano ha dato della donna) che in questa versione sopravvivono alla forza distruttrice dell’imbonitore. Il cui destino è segnato allorché, abbandonata la polvere del circo, s’addentrerà nei meandri della città nell’inutile tentativo di truffare i potenti: dopo l’ iniziale successo ottenuto nelle platee offerte dai night club esclusivi e le suite d’albergo, la caduta sarà fatale.

L’esemplare vicenda offre a Guillermo del Toro l’occasione per dare vita a un pastiche che intreccia motivi del noir con quelli dell’horror ottenendo alchemicamente un racconto cinematografico secondo la sua poetica popolare e sofisticato al tempo stesso (non a caso negli Usa del film è uscita nelle sale anche una versione in bianco e nero). Del Toro nasconde come al solito in questo paradigmatico racconto la materia per una parabola adatta ai nostri tempi. Giorni in cui siamo messi in ansia dal dover distinguere tra bugie e verità. Significativo lo slogan del film: "L’oscurità attende chi la cerca".

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