Giovedì 25 Aprile 2024

"La canzone del futuro? È Satisfaction"

Un dizionario di ventimila brani, tre secoli di musica e aneddoti: a tu per tu con Dario Salvatori, storico del pop per gioco e per vocazione

Mick Jagger e Keith Richards

Mick Jagger e Keith Richards

Roma, 25 febbraio 2021  - "Ci sono i brani indimenticabili, quelli ingiustamente dimenticati e i sottovalutati. Ma anche i mediocri, non meno importanti. Non si butta via niente". Parola di Dario Salvatori, 70 anni a novembre, faccia (e giacche) da ragazzo forever. Cresciuto con una passione, un divertimento, un’ossessione: la musica. Raccoglie compulsivamente, accumula, cataloga, scheda. Da Ie te voglio bene assaje a Taylor Swift, passando per Nella valle dei Timbales de I figli di Bubba a Nuvolari. Censisce e recensisce tutto.

Critico, storico, giornalista, conduttore radio e tv, responsabile artistico del patrimonio sonoro Rai, ha appena pubblicato il suo Salvatori 2021. Dizionario edito da Iacobelli che racconta vita, morte e miracoli di 20mila canzoni scritte in ogni angolo del mondo – e per ciascuna annota autore, anno di pubblicazione, interpreti che l’hanno incisa. Tre secoli e più (l’opera tocca ‘600 e ‘700) di microstorie, racconti e aneddoti elencati con rigore scientifico in 1239 pagine.

Perché lo fa?

"Per gioco e per scommessa. In tanti mi dicevano: fatica inutile, sul web c’è già tutto. Non è così. Se clicchi Yesterday trovi una montagna di informazioni, però la fonte documentaria non è garantita. E la minutaglia sfugge se non hai un archivio grande come il mio".

Grande quanto?

"Tanto: 60mila dischi. Non raggiungo le vette del brasiliano Zero Freitas, che dal ‘57 a oggi ha messo insieme in un hangar a San Paolo 20 milioni fra 45 e 33 giri. Però me la cavo".

Che cosa intende per minutaglia?

"Le ciofeche. Come le campionature di brani improponibili affidate agli addetti ai lavori. Io le ho tenute".

Un esempio?

"Nerone Twist, uscito nel 1962 e interpretato da Michelino e il suo gruppo".

L’ha stimato tre dischetti su un massimo di cinque. Possibile?

"Altrochè. La valutazione fonde due parametri. Il primo è oggettivo e si basa sul valore artistico in senso stretto. L’altro è strettamente personale. Una canzone ti resta dentro perché magari riporta al primo amore, al giorno del matrimonio, alla nascita di un figlio. O magari alla segreteria telefonica di quando avevi 18 anni".

Lei è un custode di memorie?

"A casa ho due juke-box. L’inventario è un’operazione di resistenza rispetto alla musica liquida che si consuma in fretta. Il vinile, il cd e la musicassetta non si cancellano nel tempo, semmai aumentano di volume. Il dizionario è all’ottava edizione: ogni volta aggiungo 200-250 brani degni di essere ricordati".

Anche il Pulcino Pio?

"È stato il tormentone del 2012. Irritante, fastidioso, appiccicoso. Però è un momento della nostra vita. Il dizionario è strumento di consultazione e di viaggio: sì, viaggiare".

Perché critica i talent-show?

"Li rispetto ma non ne condivido la spregiudicatezza: costruiscono mostri da dare in pasto all’Auditel. Dilettanti allo sbaraglio 2.0, dietro la cover c’è poco o nulla. Va avanti uno su cento. Gli altri che fine fanno?".

Neppure i rapper le vanno a genio.

"Non hanno voce, intonazione, stile. Omologati persino nell’immagine. La musica è altro".

Quale altro?

"Le neuroscienze lo spiegano. Il Centro ricerche sulle emozioni, università di Berlino, parla di stimolo cerebrale: le belle canzoni liberano dopamina, serotonina e ossitocina. Danno una sensazione di piacere".

La canzone più bella di sempre?

"Credo che la musica del ‘900 sia imbattibile, quindi pesco lì dentro. E scelgo Satisfaction: contiene le istanze giovanili degli anni ‘60 e il riff di chitarra che ha cambiato la storia del rock. L’ascolteranno anche nel Tremila".

Oggi ascoltiamo buona musica?

"Si naviga a vista, c’è poca progettualità. La musica gratis è una rovina. Quanto ai social, un like non equivale a comprare un album o il biglietto per un concerto".

E questo Sanremo come sarà?

"Condizionato dal Covid. Nei testi emergono parole che evocano il virus: divano, balconi, delivery. Non poteva essere altrimenti".

 

 

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