Giovedì 18 Aprile 2024

"L’insostenibile leggerezza della nostra musica"

I cantautori del momento fanno i conti con il successo post sanremese: "Noi, siciliani sempre in bilico tra piaghe sociali e bella vita"

di Andrea Spinelli

Strapopolari a loro insaputa. La data cerchiata in rosso sul calendario di Colapesce e Dimartino, all’anagrafe Lorenzo Urciullo e Antonio Di Martino, è quella del 28 agosto. Luogo: il Teatro Antico di Taormina. Solo lì, davanti ad un pubblico (finalmente) plaudente, il duo siciliano toccherà con mano la ricaduta del successo di Musica leggerissima con una percezione fisica che va ben al di là delle tre settimane in vetta alla classifica, dei 25 milioni di visualizzazioni su YouTube, del “tutto esaurito“ incassato dal concerto stesso in appena 6 ore.

Intanto a ricomporre sulle piattaforme il puzzle emozionale del primo Sanremo di Colapesce e Dimartino ci pensa Big!, l’audiodocumentario “rubato“ dietro le quinte del Festival per documentare in podcast ansie, suoni e visioni, della settimana che gli ha un po’ cambiato la vita.

Prendendo a prestito il titolo di un suo album, Colapesce, non c’è ora il rischio che l’accelerazione impressa da Sanremo alle vostre carriere vi trasformi in due “egomostri“?

Colapesce: "No. Ho scritto le canzoni di quel disco di sei anni fa proprio nel momento in cui sono riuscito a liberarmi dall’idea fissa di dover diventare un musicista di successo. Sinceramente, non credo che si ripresenterà. Antonio, invece, per sua fortuna questa ossessione non l’ha mai avuta".

Ne Il prossimo semestre elencavate tutti i cliché del mestiere cantautorale. Pure Sanremo è un bel cliché.

Colapesce: "È forse il cliché più grosso: il cantautore che sogna di fare il Festival e avere successo. Ci meravigliamo di non averlo inserito nel testo".

Di Martino: "Abbiamo elencato tutti cliché che funzionano. Forse l’unico sbagliato è quello “trasferisciti a Milano“, perché ce ne sono tanti che si sono trasferiti al Nord e poi non hanno combinato niente come prima".

Definivate I mortali, il vostro incontro discografico appena ripubblicato, un album di “pop esistenzialista“. Quanto esistenzialismo c’è in Musica leggerissima?

Di Martino: "Parecchio. Attraverso la metafora di paragonare l’essere umano ad un’orchestra abbiamo voluto parlare dei suoi umori altalenanti e del rischio di scivolare nei buchi neri dell’esistenza".

Nel video avete messo perfino Pippo Baudo.

Colapesce: "Il video è un insieme di cartoline, di momenti alti e di quelli bui che si traversano nella vita. Oggi sei nella casa di lusso a Miami e domani nell’officina dello sfascia carrozze. Insomma, un insieme di quadri contrastanti e continui che, a nostro avviso, rispecchia esattamente il testo; un frullatore di eventi pop in cui finiscono pure il golf, il fitness compulsivo, il dancefloor o l’aspirante suicida “salvato“ da Baudo nel ’95 proprio all’Ariston".

Il maestro Vessicchio vi ha denunciati per averlo evocato utilizzando l’immagine di un cane Schnauzer?

Di Martino: "No, si sarà fatto una risata. È un uomo di spirito".

Lei Colapesce viene della East Coast siciliana mentre Dimartino della North Coast. Differenze caratteriali?

Di Martino: "Vivendo nel cuore istituzionale della regione, alcuni palermitani improntano la loro vita sull’assistenzialismo dello Stato, mentre chi come Lorenzo è cresciuto a Sud ha una visione delle cose più imprenditoriale e lucrosa".

Colapesce: "Insomma, io ho in mano i cordoni della borsa dell’azienda Colapesce & Dimartino mentre lui si occupa della bella vita".

Pure il contesto sociale è diverso.

Di Martino: "Vengo da Misilmeri, comune nella cinta metropolitana di Palermo teatro nei primi anni Novanta di una feroce lotta di mafia e questo mi ha segnato l’adolescenza influendo nel mio modo di guardare alla realtà e di raccontarla così come me l’ha segnata la crescita nel tempo di un forte movimento per la legalità".

Lei Colapesce ha inciso una raccolta di canzoni di Neil Young per devolverne il ricavato ai tecnici dei suoi spettacoli rimasti senza lavoro.

Colapesce: "Volendo dare un contributo ad alleviare le difficoltà di chi al momento è senza lavoro, la prima cosa che m’è venuta in mente è stata quella di raccogliere fondi omaggiando un artista che amo. E il rocker canadese è trasversale, perché piace ai ragazzi come agli ottantenni; un rarissimo esempio d’artista che non ha mai perso il focus della musica, ovvero il piacere di suonare e di raccontare delle storie".

Di Martino, lei invece in Un mondo raro ha romanzato la vita di Chavela Vargas.

Di Martino: "Ho scritto quel libro assieme a Fabrizio Cammarata perché la Vargas rimane un simbolo di assoluta libertà: lei, costaricana e omosessuale, che diventata emblema di un paese fortemente maschilista come il Messico, che scompare dalle scene a 60 anni e torna a 70 per entrare in quel mito che l’accompagna tutt’ora, nonostante non sia più fra noi, rappresenta qualcosa di veramente forte".

Oltre alla “Piaf messicana“ quali sono le figure che popolano la vostra mitologia?

Di Martino: "Rimanendo in Sudamerica, direi Violeta Parra. In Europa non abbiamo mai avuto una musicologa capace di rivoltare il concetto di musica popolare come ha fatto lei, influenzando la tradizione della “canción chilena“ col “songwriting nordamericano“ di Joni Mitchell e le altre".

Colapesce: "Io subisco più il fascinato di americani dalle esistenze difficili come quell’Elliott Smith che ho ripreso ad ascoltare assiduamente negli ultimi tempi dopo averlo accantonato per un paio d’anni, come Jason Molina, o ancora come Daniel Johnston, malato psichiatrico sopravvissuto ad un incidente aereo causato da lui stesso e diventato mito per Kurt Cobain con una storia che va ben oltre la musica".

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