Mercoledì 24 Aprile 2024

Klimt, torna in galleria la signora del mistero

Rubato a Piacenza e trovato dopo 23 anni, il ritratto era nascosto nell’intercapedine di un muro. La curatrice: "Visibile a fine lockdown"

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di Letizia Cini

Le guance arrossate, come surriscaldate da uno stato febbrile, non il risultato di una salutare passeggiata. La labbra socchiuse e qualcosa di sofferente che traspare nello sguardo. "Non c’è gioia di vivere nel volto di donna dipinto da Klimt acquistato nel 1925 dal collezionista Giuseppe Ricci Oddi e da ieri rientrato nel salone d’onore della Galleria piacentina, dopo ben 23 anni", esulta Elena Pontiggia, curatrice di un articolato progetto "che permetterà di dare la giusta attenzione al ritorno di questa opera straordinaria".

Straordinaria come la storia che si nasconde dietro al Ritratto di signora dipinto dal maestro austriaco, uno dei più significativi artisti della secessione viennese, tra il 1916 e il 1917, protagonista di intricati misteri. Tanto che Gabriele Dadati ha trasformato questo giallo dell’arte nel romanzo La modella di Klimt (Baldini+Castoldi): il libro si apre con l’autore stesso, impegnato nell’allestimento di una mostra, che riceve la notizia del ritrovamento del dipinto scomparso.

E qui si torna alla realtà: l’olio su tela (60 per 55 centimetri e un valore di oltre 60 milioni di euro) venne infatti rubato nel gennaio del 1997 e ritrovato nel dicembre dello scorso anno, nascosto in un vano esterno della Galleria d’arte moderna Ricci Oddi di Piacenza, in un’intercapedine del muro. Non aveva mai lasciato l’edificio. A scoprirlo uno degli addetti alla ripulitura del muro del giardino: "Ho trovato questa scatola dentro un sacco nero, pensavo fossero rifiuti, ma ho subito chiamato il responsabile".

Dubbia anche la data del furto: 22 febbraio 1997, ma in realtà sarebbe risalita a uno dei tre giorni precedenti; solo che in galleria se ne accorsero in ritardo a causa di un trasferimento di questa e altre opere nella vicina piazza Cavalli per una mostra su Klimt a Palazzo Gotico.

Da subito emersero moltissime zone d’ombra: innanzitutto non fu mai chiaro se il capolavoro fosse stato fatto uscire dal tetto (la cornice venne trovata vicino al lucernario) o se i ladri avessero optato per l’ingresso principale. L’inchiesta portò a indagare sui custodi, la cui posizione venne però ben presto archiviata dagli inquirenti per mancanza di prove. Nel 2016 il caso venne riaperto, e successivamente due pregiudicati piacentini si autoaccusarono del furto, solo attraverso interviste giornalistiche, avvalendosi poi della facoltà di non rispondere davanti ai magistrati.

Ma non è ancora tutto: nel 1996 Claudia Maga, studentessa piacentina, a soli 18 anni, aveva intuito che il Ritratto di signora celava in realtà un altro dipinto, di cui si erano perse le tracce: "Grazie a lei abbiamo scoperto che Klimt realizzò la Signora rielaborando una sua precedente figura, l’adolescente chiamata “Ragazzotta“, Backfisch in austriaco, incorniciata in un grande cappello con tanto di boa di struzzo - conferma Elena Pontiggia - . Il suo fu praticamente un lavoro ’a togliere’. Levò gli accessori, cambiò pettinatura e inclinò il volto... ma soprattutto trasformò la luce della giovinezza della ragazza nella melanconia che troviamo oggi in quel volto di donna". La giovane vestita alla moda si trasformò in una figura meno realistica: cappello e acconciatura lasciarono posto a un’unica forma ovoidale, mentre la consistenza dei vestiti si sciolse con tratto espressionista, in un insieme di pennellate quasi informali.

"Non appena le restrizioni anti pandemia saranno allentate, il ritratto tornerà sotto gli occhi dei visitatori", sorride Elena Pontiggia, annunciando le importanti iniziative che, dal 2021 alla primavera del 2022, saluteranno il ritorno in sala del dipinto e faranno conoscere meglio la Galleria Ricci Oddi. "Tre mostre dedicate al maestro e a grandi artisti italiani suoi contemporanei", conclude la curatrice del Progetto Klimt. Emblematico il messaggio inviato dal ministro Franceschini per questo evento che definisce "simbolico, soprattutto ora, in un momento in cui l’arte è preclusa al pubblico".

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