Per approfondire:
Con Enzo Jannacci si è incontrato due volte, ma non ci ha mai parlato. "La prima – racconta Elio – è stata da bambino, quando lui mi ha visitato in ospedale mentre stavo dormendo, la seconda è successa da adulto: eravamo seduti vicini in una sala, ma non ci siamo detti niente. Chissà perché". Ma Stefano Belisari, in arte Elio, ha sempre saputo tutto o quasi dell’autore di Vengo anch’io, no tu no. "Era in classe con mio padre e ne ho sentito parlare fin da quando ero piccolo", racconta. Forse nasce anche da lì lo spettacolo Ci vuole orecchio (Elio canta e recita Enzo Jannacci) che lui sta portando in tournée in giro per l’Italia (le date più immediate sono dal 14 al 16 gennaio a Ferrara, il 28 a Crema e il 29-30 a Saronno). "È un artista che mi piace, mi fa ridere", chiosa. Le rincresce non aver conosciuto, per questioni d’età, la storica Milano di Gaber, del Derby e del bar Gamaica? "Mi sono affacciato a quel mondo a inizio anni ‘80, diciamo che la mia è la generazione di Zelig. Mi hanno sempre colpito le cose strane che Jannacci cantava, perché in quel periodo non si era liberi come adesso di dire qualunque cosa. Lui ha indirizzato la mia vita. Pare che anche Vasco Rossi abbia detto di essersi ispirato a Enzo. E in effetti se ci pensate...". Come è nata in lei la passione per la musica? "Da ragazzino avevo la casa piena di 45 giri che ascoltavo ossessivamente, i Beatles ma anche Peppino di Capri. Poi è venuto il conservatorio, la band con gli amici...Quando è uscito il primo disco delle Storie Tese, Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu, facevo ancora l’impiegato alla Società interbancaria per l’automazione. Avevo quasi 30 anni ed ero fuori ...
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