
"Io mi sento un rompiscatole": Riccardo Muti si è scaldato, è ormai alla fine della lunga conferenza stampa in cui ha presentato le prossime due edizioni dedicate rispettivamente a Norma e Don Giovanni della sua Muti Italian Opera Academy, in programma dal 18 al 29 novembre di quest’anno e poi nell’autunno 2025 alla fondazione Prada di Milano. Parla (quasi) a ruota libera. E quello che fa è lanciare un allarme. "La cultura nel nostro Paese sta attraversando un periodo ancora più drammatico verso il basso" dice. È una "vergogna" che sia in vendita la casa di Lorenzo Da Ponte, il librettista di opere come il Don Giovanni e Le nozze di Figaro di Mozart. Lo si potrebbe chiamare il Mogol della lirica, lui lo definisce "un poeta che andrebbe studiato a scuola". E poi non si sa cosa accadrà della casa di Verdi. "E sui media si parla dei rapper, dei Maneskin, o Maneskot, non della vera cultura italiana" tuona. Si sono chiuse orchestre ("nella sola città di Seoul ci sono 20 orchestre sinfoniche", in Italia non così tante) e intanto si aprono conservatori, così "stiamo fabbricando disoccupati". "Sono centinaia i ragazzi che vanno allo sbaraglio e potrebbero trovare una occupazione se si insegnasse musica davvero nelle scuole" dalle materne alle superiori.
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