Mercoledì 24 Aprile 2024

Italia snobbata, “Nostalgia“ meritava di più

La poesia di Martone e la prova di Favino non hanno fatto breccia. La consolazione con la favola ecologica de “Le otto montagne“

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di Andrea Martini

Avevamo immaginato che Vincent Lindon avesse preso le redini della giuria e avesse detto: "Basta scherzi", riferendosi ovviamente ad alcuni recenti palmarès. Invece la Palma d’oro assegnata a Ruben Östlund conferma un’infausta abitudine, dettata probabilmente da compromessi. Non è nemmeno scherzosa, è solo irragionevole. Se la prima Palma offerta al regista svedese nel 2017 per The Square ne riconosceva la carica provocatoria questa seconda premia la sua stanca ripetizione. I temi e la filosofia nascosti nella parabola dello yacht dei super ricchi che affonda causando un rovesciamento dei ruoli sociali non strappa nemmeno qualche nera risata.

È scoraggiante che siano rimaste fuori dal palmarès opere come Les Amandiers o Armageddon time, degne di ben altra considerazione. Dispiace per il film di Martone perché in Nostalgia il regista napoletano aveva saputo dispiegare estro e poesia. L’aver saputo coniugare il reale con la sua trasfigurazione è segno di grande intensità creativa e il labirinto della Sanità che si sovrappone alla geografia spirituale del protagonista attraendolo verso il luogo del rimorso rimarrà d’esempio per molto tempo.

Gli altri premi sembrano assegnati con relativa equità e l’uso dell’ex aequo ne è un segno. Il Gran premio della giuria diviso tra il sottile Close e l’enigmatico Stars at noon convince solo perché recupera due film che sarebbero stati ingiustamente dimenticati, mentre è forse più equilibrato l’ex aequo del premio della giuria diviso tra EO e Le otto montagne (in parte italiano) almeno dal punto di vista ecologico della preservazione della flora e della fauna. La Palma per la migliore regia è invece sicuramente meritata visto che Park Chan-wook è un poeta del cinema e lo conferma il suo Decision to leave.

La Palma per la migliore sceneggiatura premia eccessivamente il regista egizio-svedese Talik Saleh per Boy from heaven che è solo un thriller convenzionale: ben altri scenari a cominciare da Nostalgia potevano essere premiati. La Palma per l’interpretazione femminile attribuito alla protagonista di Holy spider sembrerebbe assegnato più al ruolo di giornalista impavida, pronta a battersi contro il potere delle tradizioni dell’universo maschile iraniano, che all’attrice non particolarmente brillante. Piu opportuno quello maschile. Dispiace molto per il nostro Pierfrancesco Favino che aveva meriti sicuramente pari ma il coreano Song Kang-Ho, già eroe di Parasite protagonista di Buone stelle di Kore-Eda era in effetti l’unico che poteva essere un vero rivale.

A sorpresa la giuria si è permessa di aggiungere al palmarès già ampio un premio speciale dedicato alla 75ª edizione del Festival e i fratelli Dardenne ne sono i legittimi assegnatari: i due vecchietti arricchiscono il cinema da mezzo secolo senza mai abbandonare il rigore.

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