L'isola di plastica nel Pacifico diventa sempre più viva. E non è una buona notizia

Il Great Pacific Garbage Patch sta dando rifugio a una comunità sempre più estesa di specie marine che di solito vivono sulla costa

Un mare... di plastica

Un mare... di plastica

Il Great Pacific Garbage Patch è un'immensa chiazza di immondizia che galleggia nell'Oceano Pacifico settentrionale. Conosciuta anche come Isola di plastica, è ritenuta una della maggiori minacce per la salute del pianeta: misura circa 2 milioni di chilometri quadrati (per intenderci: sei volte l'Italia) e stando ad alcuni calcoli contiene quasi 80 mila tonnellate di rifiuti, tra materie plastiche e non. Secondo un articolo appena pubblicato su Nature Communications, quest'accumulo di spazzatura sta diventando la casa di un numero sempre più crescente di animali marini che di solito vivono lungo la costa, un fenomeno che mette ulteriormente a rischio gli equilibri già fragili dell'ecosistema oceanico.

Una casa galleggiante tra i rifiuti

Nel fare il punto sullo stato attuale del Great Pacific Garbage Patch, il team dello Smithsonian Environmental Research Center (SERC), guidato dall'ecologa marina Linsey Haram, ha documentato che la discarica galleggiante si è trasformata in un approdo sicuro per una moltitudine di specie costiere, tra cui anemoni, idrozoi e crostacei. Questa fauna variegata è stata ribattezzata "comunità neopelagica" dai ricercatori, per distinguerla da quella che è normalmente abituata a popolare la regione litorale (il dominio pelagico corrisponde al mare aperto).

Alla conquista di nuovi habitat

Andando oltre il semplice adagio secondo cui "la natura vince sempre", l'equipe ha evidenziato che la colonizzazione del dominio pelagico da parte di esseri viventi che non dovrebbero trovarsi lì solleva più di un problema. Di solito il mare aperto rappresenta una barriera fisica e biologica che impedisce alle specie di disperdersi, ma la presenza di una vera e propria zattera di rifiuti cambia le carte in tavola, in quanto offre un habitat in cui "sopravvivere per anni e riprodursi", con la conseguenza nascita di "comunità costiere autosufficienti in alto mare", ha spiegato Haram. Uno dei risvolti, ha continuato, è che vecchi inquilini e nuovi arrivati entrano in competizione "per lo spazio e per le risorse", dando luogo "interazioni molto poco conosciute", il cui esito è difficile da prevedere. L'altra questione riguarda il fatto che l'Isola di plastica potrebbe rappresentare per molte specie marine un ambiente di passaggio per raggiungere nuovi lidi. Haram e colleghi ritengono tale scenario molto preoccupante, dato che alcuni ecosistemi potrebbero risentire in modo pesante dell'approdo di specie potenzialmente invasive. Come ha specificato il coatuore Greg Luiz, questo è particolarmente vero per alcune aree costiere remote del Pacifico, che includono "santuari marini protetti, isole hawaiane e parchi nazionali".

Un problema destinato a ripetersi?

Per comprendere meglio la comunità neopelagica e come le dinamiche al suo interno siano influenzate dal continuo afflusso di detriti serviranno comunque nuovi studi. C'è da notare che il fenomeno potrebbe essere tutt'altro che un'eccezione. Il Great Pacific Garbage Patch non è infatti l'unico gigantesco ammasso di spazzatura del Pacifico. Pochi anni fa gli studiosi hanno infatti identificato l'esistenza del South Pacific Garbage Patch, una sorta di isola "sorella" che occupa una grossa fetta dell'Oceano Pacifico meridionale.