
di Anna
Mangiarotti
Ne è convinto Orhan Pamuk, non solo perché rappresentano sicura fonte di profitto per uno scrittore di successo, insignito del Nobel nel 2006: "Amiamo i libri perché ci fanno dimenticare il mondo". E Milano gli è molto cara. Amore ricambiato dalla città che gli ha consegnato il Sigillo, massima onorificenza, per mano del sindaco Beppe Sala, ieri durante la serata inaugurale pubblica, al Teatro dal Verme, con questa motivazione: "Pamuk ricorda la necessità, sempre più impellente per tutte le metropoli del mondo, per chi le abita e per chi le governa, di diventare attenti osservatori delle emozioni umane, quelle emozioni che sono elementi focali nel processo verso la creazione di legami fra diverse culture".
A BookCity, che ha come tema “Tempo del sogno”, Pamuk è venuto a sfogliare il suo ultimo libro, Ricordi di montagne lontane (Einaudi). Perché l’ha intarsiato di acquerelli? "Per rendere su carta l’impressione di un sogno ci vuole l’acquerello. In ogni caso i sogni sono fatti per essere visti. Si può spiegare a parole la Gioconda? Io ho pure utilizzato pennarelli a serbatoio che danno l’effetto della pennellata, e la china. E sui disegni ritorno, magari a mesi di distanza, come Cézanne. Così...".
Accomodato in un salotto del Grand Hotel et de Milan, albergo celebrato nel finale di un suo romanzo e dove sempre soggiorna quando approda nella metropoli dei Navigli, mostra il taccuino su cui sta lavorando in questi giorni. In Ricordi, selezione dei 30 taccuini dal 2009 al 2022, in totale 6.000 doppie pagine, 7 minuti al più per una pagina, oltre ad alcune montagne, compaiono però soprattutto battelli. Un’infinità di battelli. Immagine familiare per chi, fin da bambino, da Palazzo Pamuk poteva affacciarsi sul Bosforo.
Ma il settantenne Orhan aggiunge: "È dai battelli che le parole si riversano sul quaderno. E la felicità che ho sempre provato nel disegnarli ha a che fare con la mia voglia di andare lontano". Dove? "Là dove mi trasporta la fantasticheria quando mi sento depresso". Nell’Italia che ama? "L’idea che ci sia da qualche parte, molto lontano, un’altra vita, un altro mondo, la cui esistenza è suggerita dai paesaggi visti in sogno, ha dettato la mia vita e riempito i miei pensieri. Certo, l’Italia è il luogo più realizzato dal punto di vista della rappresentazione visiva".
Vedere, nel libro, Urbino "la città ideale"; Mantova, dove "l’universo era molto tranquillo"; Asolo, "dolcezza della luce, tutto sublime". Non Milano? L’artista scrittore si giustifica assicurando che potrebbe comparire in un prossimo volume. In cantiere però ci sono testi su "fuoco e rabbia", e "i cinesi ci hanno già pensato prima", e "paesaggi immaginari e persone reali" o viceversa. E chiarisce che le visioni disegnate per i lettori, sì, non riproducono sempre natura, strade, oggetti, ma forme della mente. Però molti sono realistici: "Ecco, la Bodrum che ho disegnato qui – mostra una pagina del taccuino in fieri – è quella dove mi trovavo con mia moglie, poco tempo fa, in una bella giornata di sole". E, a conferma che nel suo Paese natale "il mondo può essere come si deve", è facile leggere in Ricordi annotazioni sulla sua vita quotidiana, alla scrivania, quando vede appunto battelli, e li disegna, e si sente pervaso dalla poesia del mondo, ovvero va tutto bene.
Anche il calcio? "No, peccato che sia diventato così brutto. Non lo guardo neanche più. Le critiche ai giocatori che sanno fare solo passaggi a controcampo, le avevo espresse in una nota del 2018. Ma la mia delusione nasce dal vedere il calcio, al tempo della mia infanzia fatto del tessuto delle fiabe, giocato da eroi, come il portiere-guardiano del castello (in turco così si definisce la porta), ora guastato da stupidi nazionalismi". Non si astiene dal denunciare le porcherie che 25 milioni di persone versano nel Mar di Marmara, ma la tragedia è nel Mediterraneo, dove ci sono "coloro che muoiono migrando, sognando una vita migliore".
Alla fine, quando "bisogna accettare di essere chi si è... ", resta da chiedergli la cosa più difficile. Chi è Pamuk? "Nei diari mi metto in piazza, svelo i miei segreti. Nella rappresentazione sociale, sono uno scrittore che dipinge. Rifacendomi a Dostoevskij, un individuo di caratteristiche contradditorie: stupido e creativo... Insomma, un uomo del Mediterraneo, dove c’è anche qualcosa di turco".
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