Venerdì 19 Aprile 2024

"Io, per sempre anarchico (e anti-streaming)"

Il nuovo disco di Francesco Guccini esce oggi: “Canzoni da intorto“. Reinterpretazioni di brani altrui, partigiani e di lotta sociale: solo in cd e vinile

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“Slava Ukraïni!”. Francesco Guccini torna a sorpresa con un nuovo album – in uscita oggi – e canta la “gloria” del paese devastato dalla guerra citando la sigla di Servitore del popolo, la serie tv interpretata dal presidente Volodymyr Zelenski. Per ascoltare il Maestrone cimentarsi nella lingua di Bulgakov e Gogol ("che non posseggo completamente") bisogna attendere la fine del disco, dato che il brano si sgancia dal resto del repertorio e figura solo come traccia fantasma in quel Canzoni da intorto presentato ieri in una bocciofila milanese.

"In seconda media si studia l’Iliade e il tifo è quasi tutto per gli ateniesi, mentre io appartengo alla minoranza che sta con i troiani". Controcorrente pure nella scelta discografica di non mandare questa nuova fatica in studio sulle piattaforme per il download e lo streaming, ma affidarla solo a vinili e cd. Un rifiuto della dittatura del digitale mosso dal principio che la statura di un artista come Guccini non possa essere definita dal numero di scaricamenti e dall’ascolto frazionato di oggi.

"E poi ignoro cosa sia lo streaming" ammette il diretto interessato, col candore dei suoi 82 anni, addentrandosi tra i come e i perché di un repertorio in bilico tra brani anarchici come Nel fosco fin del secolo e Addio a Lugano e canzoni in dialetto lombardo come Ma mi ed El me gatt, o piemontese come la ballata del Barùn litrùn. "Reperti canori", come li definisce nel libretto allegato al disco.

"Compagno Ovidio Franchi, compagno Afro Tondelli e voi Marino Serri, Reverberi e Farioli dobbiam d’ora in avanti avervi tutti quanti vicini al nostro fianco per non sentirci soli" canta Guccini in Morti di Reggio Emilia, il brano di Fausto Amodei in ricordo della manifestazione sindacale del ‘60 repressa nel sangue – la morte di cinque operai apice di un periodo di alta tensione e di scontri con le forze di polizia in tutta l’Italia del governo Tambroni –, brano già cantato da Milva come da Maria Carta o i Modena City Ramblers. "Ho pensato per molti anni a un disco di cover, ma il mio manager Renzo Fantini non era entusiasta dell’idea, anche se al tempo pensavo di mettere canzoni diverse, come Luci a San Siro di Vecchioni o Com’è profondo il mare di Dalla".

Di canzoni nuove sue non ne arriveranno più. "Non sono più capace di scriverle" ammette. "È dai tempi de L’ultima Thule che non tocco più la chitarra. Ricordo invece che agli inizi scrivevo molto. Non ero iscritto alla Siae e così le canzoni le firmavano altri: Vandelli per quelle dell’Equipe 84 non mi ha mai dato una lira. Il primo pezzo da autore è stata Dio è morto per i Nomadi".

Di tornare sul palco non se ne parla, perché "di promesse mi basta averne infranta una". Per fortuna ci sono canzoni “da intorto” ("le conoscono in pochi e quando le canti aduna ragazza diventi interessante: il titolo del disco me l’ha suggerito mia moglie") come Quella cosa in Lombardia, Le nostre domande, Sei minuti all’alba di Jannacci o il traditional inglese Green sleeves. "Sono i pezzi delle serate con gli amici, delle partite a briscola e tressette. In privato canto pure La sagra di Girabub o La staffetta del legionario che sono brani fascisti, ma con dentro un senso di amarezza, di sconfitta. La mia conoscenza di canzoni spazia, infatti, a destra e a manca, ma per una ragione personale preferisco manca".

I tempi d’altronde sono quelli che sono e in politica, invece, altri qualche incertezza al momento ce l’hanno ("Letizia Moratti se ha voglia di presentarsi lo faccia. Se non sbaglio era berlusconiana. Non mi sembra che abbia molto lavorato con la sinistra – ha detto ieri il Maestrone – per cui fa bene il Pd, o quello che ne resta, a non appoggiarla"). Netto il giudizio sul momento di Fratelli d’Italia. "Noto che la fiamma dal simbolo non l’hanno tolta. Ed è quella che ardeva e arde ancora sulla tomba di Mussolini. Non mi piace che ci sia la fiamma ma pare che gli italiani siano contenti. Staremo a vedere. Come diceva mia nonna “ci vuole pazienza e tanta“". Comunque a Guccini fa "piacere" che le canzoni che ha scelto "siano di un certo tipo": "dico la mia parte politica non in maniera violenta o sbandierata". Mai stato del Pci, ha precisato, ma un tempo "simpatizzante anarchico".

 

 

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