Mercoledì 24 Aprile 2024

"Io confesso". Così cambia la Congiura dei Pazzi

Trovato nell’Archivio di Stato di Firenze il documento autografo con cui Antonio Maffei da Volterra racconta l’agguato a Lorenzo de’ Medici

La Congiura dei Pazzi nel dipinto di Stefano Ussi (1822 - 1901)

La Congiura dei Pazzi nel dipinto di Stefano Ussi (1822 - 1901)

"Io Antonio Maffei di mio pugno confesso...". Una pagina e mezzo scritta dal curiale di Volterra che era stato incaricato all’ultimo momento di uccidere Lorenzo de’ Medici nella Congiura dei Pazzi il 26 aprile 1478 durante la messa della domenica successiva alla Pasqua a cui tutta Firenze assistette in Santa Maria del Fiore. È la confessione, finalmente scoperta, del mancato delitto che pone la parola fine alla disputa fra ciò che aveva raccontato Angelo Poliziano e quello che sosteneva Niccolò Machiavelli. Il poeta, in prima fila durante la cerimonia, nel suo Pactianes Coniurationis Commentarium aveva parlato di Maffei ucciso post confessione, senza avere però la prova della stessa, un "sentito dire"; mentre lo storico, ancora bambino ma che provò sulla propria pelle quelli che ha poi definito "sanguinosi tumulti di strada", nelle sue Istorie Fiorentine sposava la tesi che il congiurato fosse stato linciato dalla folla.

Il manoscritto scovato all’Archivio di Stato di Firenze dal professor Marcello Simonetta, membro del Medici Archive Project e docente dalla New York University nella sede fiorentina, mette ogni tassello al proprio posto e corregge anche la data in cui era stata identificata la morte di Maffei: non più il 3 maggio (giorno in cui Machiavelli compì 9 anni...), che è riscritta come quella dell’arresto alla Badia Fiorentina vicina a Palazzo Pazzi dove si era rifugiato, ma almeno dieci giorni dopo, quanto è durato il processo al quale è stato sottoposto dai magistrati. Un processo nel quale è stato allo stesso tempo interrogato e torturato e, prima di essere impiccato, gli sono stati tagliati naso e orecchie. La stessa sorte è toccata all’altro congiurato anch’esso curiale, Stefano da Bagnone.

Una particolarità della carta ritrovata sono i due incipit della confessione. Il cambiamento è dovuto – spiega Simonetta - al fatto che Maffei non avrebbe cominciato il racconto dei fatti nella forma giuridica giusta; così ha girato il foglio e riformulato quella ricostruzione del 26 aprile che l’ha portato alla morte. Maffei covava da cinque anni il suo risentimento verso Lorenzo de’ Medici, che con una missione militare aveva saccheggiato Volterra che aveva osato ribellarsi a Firenze. Ma non era stato la prima scelta per affondare i colpi sul Magnifico. Il sicario avrebbe dovuto essere Giovanni Battista di Montesecco, che all’ultimo momento per questioni politiche si tirò indietro fornendo però alla congiura i suoi due più fidi fanti; ciò non impedì che venisse poi ucciso il 4 maggio durante le retate di massa. Nella congiura, che avrebbe dovuto svolgersi qualche tempo prima con un invito trappola ai Medici presso la Badia Fiesolana, morì il fratello di Lorenzo, Giuliano, che a causa di un’ernia inguinale non poté essere presente alla prima circostanza quando i Pazzi decisero di "salvare" Lorenzo per poterlo giustiziare con il congiunto; che era invece in Santa Maria del Fiore, non ancora rimesso del tutto, zoppicante, e per questo facilmente raggiunto e ucciso con 19 compulsive coltellate – una anche sul proprio piede – da Francesco de’ Pazzi assistito da Francesco Salviati. Maffei invece si buttò su Lorenzo.

Va detto che la decisione fu presa in fretta e furia da Jacopo de’ Pazzi che vide nell’occasione della messa domenicale la più ghiotta pensando che il popolo plaudisse alla morte dei Medici, cosa che invece non accadde. Tutt’altro. Il curiale volterrano fece l’errore di fare precedere il proprio gesto dal grido "Ah, traditore" udito il quale Lorenzo si girò riuscendo a evitare una coltellata alla carotide, finita invece sulla spalla. Il resto lo fece il sacrificio di Franceschino Nori che si beccò i colpi indirizzati al suo amico che fece in tempo a rifugiarsi nella Sacrestia Vecchia.

Nella confessione, Antonio Maffei da Volterra "assolve" il giovane cardinale Raffaele Riario, appena diciassettenne, che ignaro – così dice il congiurato – stava celebrando la messa, eppure vicino alle famiglie anti Medici; e indica chiaramente i mandanti politici della congiura: Papa Sisto IV (Francesco della Rovere), il Re di Napoli Ferdinando Ferrante d’Aragona e il Duca di Montefeltro che aveva giurato guerra ai Medici ma le cui truppe non sono mai riuscite ad arrivare a Firenze: tutti e tre vedevano nel governo del Magnifico un grosso ostacolo per i loro affari.

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