Intanto posto (la diretta social) Poi forse penso

Giorgio

Comaschi

Si assiste a un fenomeno che si ingigantisce a vista d’occhio. Una volta si pensava e si rifletteva facendo una passeggiata, guidando la macchina, fermandosi a bere un caffè a un tavolino di un bar. Adesso si pensa col cellulare. Basta guardare i video e le storie postate da ragazzi (ma soprattutto ragazze) sui social. Pipponi di mezzora registrati col telefono su qualsiasi cosa. Invece di pensare fra sé e sé, si riflette attraverso lo schermino e si pubblica tutto. Tutta la cronaca della giornata: "Sono andata dal medico per Fede che non stava bene, lo ha auscultato, poi l’ha fatto tossire, Fede ha tossito ed era una brutta tosse, allora il medico gli ha ordinato uno sciroppo. Sono andata in farmacia e sentite… capitano tutte a me… la farmacia era chiusa, ma erano chiuse anche le altre tre in cui sono andata, tanta roba tanta roba (questo c’è quasi sempre, ndr), non capivo perché. Comunque adesso stiamo andando dalla nonna…". Tutto questo guidando e rivolte al cellulare posizionato su quei supporti che si attaccano ovunque, come zampe di terribili ragni. Il racconto viene immediatamente postato ed essendo di interesse mondiale, si presume che venga guardato e che realizzi milioni di visualizzazioni.

Addio quindi vecchie riflessioni, addio frasi come: "Va bene, ci devo pensare, poi ti dico". Adesso si pensa in diretta con tutti, in modo che tutti possano sapere i fatti tuoi nel dettaglio ed entrare nelle tue dinamiche quotidiane più intime. Questo, sinceramente, è "tanta roba" se pensiamo a quanto eravamo miserelli quando stavamo lì in un cantuccio a concentrarci sui nostri problemi. Che teneri che eravamo, a pensare con la nostra testa.

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