Insieme si vince Lo dice pure il cervello

Insieme  si vince  Lo dice pure  il cervello
Insieme si vince Lo dice pure il cervello

Se ci si ferma al titolo ’Insieme si vince-La forza della cooperazione nella nostra vita’ (in uscita il 13 per Solferino e il 17 alle 16 in presentazione in Piazza San Marco a Pordenone per ’Pordenonelegge’) si potrebbe immaginare che lo psichiatra Vittorino Andreoli abbia voluto misurarsi con un’utopia. Basta infatti guardarsi intorno per vedere che la comunione d’azioni e d’intenti è normalmente sopraffatta da una visione predatoria della vita. Come può avvenire allora lo switch auspicato dallo studioso? "Io vivo nel mondo d’oggi - precisa subito - e mi rendo perfettamente conto che lo stato d’animo delle persone è improntato alla paura, all’incertezza del futuro e mi chiedo spesso cosa sarà dei miei nipoti che crescono in questo clima".

La società odierna come mai si è ridotta così?

"Ha coltivato la cultura del nemico, l’organizzazione sociale poggia più sulle inimicizie che sulle amicizie, nella polis il partito A viene attaccato per principio dal partito B. Una ragazza non cammina più per strada sognando di incontrare il principe azzurro ma temendo di finire nell’imboscata di uno stupratore. Il risultato qual è? Un 14% di depressi clinici, un 22% colpito da ansia patologica, un 5% di maniacali. E’ cambiata giocoforza anche la visione di noi psicopatologi: si è cominciato a parlare dei disturbi dei bambini, dei drammi adolescenziali, dell’abbandono dei vecchi a una solitudine imposta e non scelta".

Dove affondano le radici di una visione così distruttiva?

"Charles Darwin definiva naturale e necessaria la lotta per la sopravvivenza. Una concezione contraria a quella pacifica di una collaborazione che si calava in una teoria come l’evoluzionismo basata in gran parte sulle specie animali e su un’epoca nel quale l’uomo per sopravvivere doveva appunto essere ’lupo’ verso i suoi simili. I suoi imperativi erano alimentazione, territorio e continuazione della specie. Ma la nostra vita ha altre priorità, per esempio la sua qualità".

I nuovi imperativi quali sono?

"L’uomo d’oggi è fragile come scrivevo ne ’L’uomo di vetro’ 15 anni fa e quindi desidera avere amici, un amore, creare i legami di cui ha bisogno. Oggi l’imperativo è vivere in pace, evitare la solitudine, poter esprimere le proprie doti. Non viviamo più in una foresta dove dare libero sfogo all’istinto".

La scienza conferma la tesi?

"Il cervello non è solo istintuale ma anche plastico nella sede dei lobi frontali e in parte laterali e quindi muta con le esperienze e riconosce la bellezza, sa amare. Ciò non smentisce Darwin, semplicemente lo aggiorna e imprime una svolta necessaria a contrastare la degenerazione dei costumi".

Da dove partire?

"Dall’educazione al noi che sostituisca quella imperante dell’io che fomenta egocentrismo e narcisismo. Purtroppo stiamo regredendo alla brutalità darwiniana che ha avuto eredi come Marx che a sua volta riteneva che per risolvere il conflitto tra capitale e lavoro occorresse fare la rivoluzione. E invece io amo una parola come compromesso che significa trovare un punto d’incontro tra visioni opposte o in contrasto. Anche Freud sosteneva che il superamento del complesso di Edipo potesse avvenire solo ammazzando, metaforicamente, il padre. Poi c’è chi lo fa anche nella realtà".

I social creano comunità virtuali. Sono un valido esempio di cooperazione?

"Ma no, sono un autentico disastro sociale perché distaccano dalla realtà. L’intelligenza artificiale può essere utile ma guai se trasforma l’essere umano in avatar come succede nel Metaverso. Nel mondo virtuale basta un clic per sottrarti a ciò che non ti piace, nella realtà occorre adattarsi all’ambiente, mediare".

Più facile la fratellanza o la sorellanza?

"La donna è accogliente per natura, la donna è madre, è paziente. Negli ultimi vent’anni ha scoperto che, facendo gruppo, può vincere anche battaglie ataviche contro l’uomo, storico portatore di spadone e violenza. Purtroppo però l’omuncolo è restato ancora fermo alla concezione del dominatore. La mia grande amica e femminista Ida Magli diceva che l’emancipazione delle donne non avrebbe portato a una società pacificata se non fosse cresciuto di pari passo l’uomo. Confido molto nelle donne educatrici. Per nulla in quelle che amano troppo il potere".

Lorella Bolelli