Giovedì 25 Aprile 2024

"Incontrai Brando, quel Tango mi salvò la vita"

Marco Tullio Giordana era a Parigi sul set del film di Bertolucci che debuttò mezzo secolo fa a Porretta. Tutto nel podcast sui nostri siti

di Benedetta Cucci

La vita di Marco Tullio Giordana, 72 anni, è strettamente legata a Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci. Il regista fu infatti spettatore per caso delle riprese del film a Parigi, e dopo quell’episodio la sua vita cambiò. Ecco perché questa sera alle 21, su invito del Festival del Cinema di Porretta da poco concluso, sarà al cinema Kursaal della cittadina appenninica, dove si proietta l’opera cult e scandalosa proprio a 50 anni dalla sua prima italiana che avvenne il 15 dicembre 1972, nell’ambito della Mostra del Cinema Libero di Porretta Terme, fondata da Giampaolo Testa.

Quella proiezione rimase storica e ne raccontiamo la storia nel podcast Il Resto di Bologna (sul sito del Resto del Carlino e su tutti i siti del gruppo Monrif: Quotidiano Nazionale, La Nazione, Il Giorno) perché da lì cominciò tutto l’iter giudiziario che portò nel 1976 alla sentenza che condannò il film, ritenuto osceno, al rogo e all’oblio di questa storia con la famosa scena della sodomia con il burro tra Marlon Brando e Maria Schneider.

Signor Giordana, cosa faceva a Parigi il giorno in cui incontrò Ultimo tango a Parigi?

"Era il 1972 ed era l’anniversario di Proust, tutta la città era stata completamente ripulita ed era molto diversa dalla Parigi più oscura che conoscevo, visto che, da quando avevo finito il liceo ci andavo ogni anno. Ero andato a vedere una mostra di Francis Bacon, il pittore che amavo tantissimo, perché avrei voluto fare il pittore nella vita, e non avevo mai visto dal vivo tutte le sue opere. Credo che quella al Grand Palais fosse la sua prima personale assoluta. Sbalordito da queste opere così coinvolgenti e sanguinanti ho realizzato che non avrei mai potuto dipingere, senza risultare un epigono che scopiazzava il maestro".

Cosa fece a quel punto?

"Uscii dal Grand Palais con l’idea di aver perso il mio destino e, un po’ per gioco e un po’ sul serio, mi dissi: ma se mi buttassi nella Senna rimarrei un giovane e promettente artista, che però è morto precocemente. Mentre giravo per cercare il ponte da cui buttarmi, e naturalmente nessuno andava bene, vidi in lontananza il ponte di Passy e notai dei camion, dei riflettori, una gru, capii che stavano girando un film. Allora, spinto dalla curiosità, mi avvicinai, sentendo che quasi tutti parlavano italiano. A un tratto ho riconosciuto Marlon Brando e ho intuito la persona del regista da come si muoveva. Ho poi scoperto che si trattava di Bernardo Bertolucci. La sera, dopo questa esperienza rivelatrice, vidi che davano la Strategia del ragno di Bertolucci al cinema e andai alla proiezione. Lì capii che avrei potuto fare cinema e da quel momento al mio primo film, nel 1979, Maledetti vi amerò sono in fondo passati solo sette anni, che al tempo mi sembrarono tantissimi".

Quando vide Ultimo tango a Parigi?

"Credo fosse il 1973 e mi colpì perché i titoli di testa sono dei quadri di Bacon e anche le inquadrature, con Brando steso su questa moquette rossa come un agglomerato di carne. Poi insomma, la prima scena io l’avevo vista dal vero. La censura arrivò solo in Italia. È impossibile che la politica anticipi i tempi. Anzi, segue sempre con immenso ritardo quello che ormai è già avvenuto. Compie dei passaggi quando ormai la storia è già andata oltre di altri vent’anni. Nel caso di Bertolucci, però, l’accanimento giudiziario fu tale per cui il film fu condannato al rogo, alla distruzione del negativo e quindi a farlo sparire per sempre. Fu soltanto l’intervento del presidente Giovanni Leone, che concesse la grazia, a salvare i negativi e tre copie del film. Da grande giurista capì l’abominio di cancellare per sempre un film che magari sarebbe stato capito dopo. E noi dobbiamo ringraziare lui se questo film oggi esiste ancora, e se questa sera, a 50 anni dalla sua proiezione, possiamo ancora vederlo".

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