Venerdì 19 Aprile 2024

Il vino stupefacente che anticipò la Coca Cola

Inventato dal chimico còrso Angelo Mariani, fu amato da Émile Zola e papa Leone XIII. Poi ad Atlanta ne fecero una versione analcolica

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di Andrea Cionci

Dalla carne di vipera, alla polvere di mummia, allo sciroppo al radio (il metallo radiattivo), nella storia dell’arte sanitaria l’uomo ha assunto una quantità inverosimile di ignobili porcherie venefiche tributando ad esse meravigliosi poteri medicamentosi e confidando sull’effetto placebo o su benefici temporanei dalle disastrose future conseguenze per la salute.

Vale così la pena di menzionare il Vin Mariani, antesignano della Coca Cola. Un vino “stupefacente”, dato che era a base di foglie di coca. Senza arrivare a menzionare la vita stravagante ed eccessiva dei poeti maledetti, per capire il rapporto che cent’anni fa si poteva avere con alcune droghe basterà menzionare Laura Tanini de Miccis, rispettabilissima signora toscana di fine Ottocento.

Nel suo diario, poi pubblicato con il titolo di Profumo di casa, è racchiusa una raccolta di pensieri, annotazioni e rimedi. Tra questi se ne trova uno consigliato per l’influenza: cospargere le narici d’una polverina miracolosa a base di cocaina.

Oggi sappiamo dei danni mostruosi che tale droga produce sul sistema nervoso, oltre che a livello cardiocircolatorio e immunitario (aumento del rischio di contrarre epatiti e Hiv), sappiamo delle lesioni sulle mucose e il setto nasali, ove venga “sniffata”, ma all’epoca i consumatori si basavano sull’effetto immediato, sull’uovo oggi. Basti pensare che tale rimedio era consigliatissimo per gli studenti, per mantenere alto il vigore mentale sotto esame.

L’utilizzo di coca a scopo presuntamente terapeutico era effettivamente abbastanza diffuso, anche grazie al contributo del fisiologo, antropologo e scrittore Paolo Mentegazza, che aveva pubblicato nel 1859 il saggio Sulle virtù igieniche e medicinali della coca e sugli alimenti nervosi in generale, mettendo a frutto l’esperienza di un lungo soggiorno in Perù.

L’opera di Mentegazza ispirò tale Angelo Mariani, un chimico e preparatore farmaceutico della Corsica che, nel 1880, intraprese la produzione industriale di questo “vino medicinale”, che prevedeva la macerazione, per dieci ore, di 60 grammi di foglie di coca peruviana in un litro di fine Bordeaux. Successivamente, le foglie passavano nel Cognac, con l’aggiunta di zucchero al 6%.

Il preparato, che poteva contenere al massimo 50 miligrammi di cocaina per bicchiere, era commercializzato come digestivo, aperitivo, panacea e si diffuse come una cura naturale contro influenza, stanchezza ed impotenza.

Il “Vino stupefacente” conquistò l’Europa, che ne divenne avida consumatrice: tra gli appassionati degustatori della bevanda si annoverano personaggi importanti, come Émile Zola che scrisse addirittura una lettera di ringraziamento a Mariani per aver scoperto e prodotto un "vino di giovinezza che procura la vita".

Sembra incredibile, ma anche tre Pontefici ne rimasero estasiati, insignendo il Mariani di medaglia d’oro, mentre il busto di Leone XIII compare persino in alcuni manifesti pubblicitari. Tuttavia, ad Atlanta, negli Stati Uniti, dove veniva esportato con successo il prodigioso liquore, il sindaco vietò il consumo di alcol; così il farmacista John Pemberton nel 1886 riformulò la ricetta di Mariani, rendendola analcolica.

Al posto del vino, la coca fu messa a macerare in acqua frizzante, con aggiunta di sciroppo di noci di cola, una pianta tropicale. Il nome Coca Cola, invece, fu idea di Frank Robinson, il contabile di Pemberton. Due anni dopo, l’uomo d’affari Asa Candler, acquistò il brevetto, e iniziò a commercializzare la bevanda, che grazie a una spregiudicata strategia di marketing spopolò ovunque, arrivando a soppiantare il Vin Mariani.

Restavano nella bevanda ancora esigue quantità di cocaina che nel 1903 furono rimosse dalle foglie grazie a un procedimento simile a quello usato per

decaffeinare il caffè.

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