Giovedì 18 Aprile 2024

Il testamento di (un povero) Donatello "Una casa e uno pezzuolo di terra"

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di Olga Mugnaini

Schivo e distaccato dai beni materiali, rinunciò persino alla tenuta di Cafaggiolo che Cosimo il Vecchio gli aveva lasciato in punto di morte, chiedendo a Piero il Gottoso, figlio del pater patriae di casa Medici, di convertire il podere in una rendita settimanale. Ma il grande e austero Donatello (1386-1466) una proprietà ce l’aveva. Come racconta Giorgio Vasari nelle Vite, il geniale artista che nella prima metà Quattrocento spalanca le porte al Rinascimento, possedeva "un podere in quel di Prato", di cui però si era persa la memoria. A dare nuova sostanza a questa notizia è stato Gianni Rossi, scrittore e giornalista, direttore di Tv Prato, che dopo una lunga ricerca fra mille archivi e registri, non solo ha trovato il podere, ma anche la conferma del testamento con quale Donatello lascia in eredità la sua casa nella frazione pratese di Figline, al nipote Giovanni di Buonaiuto Lorini.

I documenti che attestano il lascito sono stati rintracciati nei faldoni dell’Archivio di Stato di Firenze. Dalle accurate ricerche della funzionaria archivista Silvia Sinibaldi è saltato fuori una Portata del 1469 (nella foto sotto), del notaio Iacopo di Francesco Mini, attivo a Firenze nel XV secolo, che riporta la dichiarazione fiscale del nipote dello scultore, in seguito alla vendita della proprietà: "Bene alienato: una casa ed uno pezzuolo di terra lavoratia e uno poco di bosco posto nel contado di Prato luogo detto Fegline, la quale casa e terra mi donò Donatello di Niccolò di Betto intagliatore dopo la morte sua". Proprietà ceduta il 23 gennaio 1466 per prezzo di fiorini 40. E che, dalle indicazioni topografiche fin qui rintracciate, è stato anche possibile identificare.

Donatello comprò probabilmente quel “pezzuolo di terra“ negli anni in cui lavorava con Michelozzo allo straordinario pulpito del Duomo di Prato, una delle opere più rivoluzionarie degli inizi del Rinascimento, il cui cantiere si protrasse per ben dieci anni. Certo conosceva il paese anche per le cave del marmo verde, il cosiddetto “Verde di Prato“, utilizzato fin dal Mille dagli architetti toscani per le più importanti chiese. Intanto la scoperta è già diventata un mini-documentario andato in onda su TV Prato, dove si racconta come l’inchiesta di Gianni Rossi sia partita da una vecchia monografia dedicata al’artista, l’unica a riportare la notizia biografica dell’acquisto, nel 1433, di una casa a Figline, nel Pratese. Rossi intendeva rintracciare il documento che comprovasse quella proprietà, indicato nei cosiddetti Regesti Antonelliani. Ma la scoperta è andata oltre, ritrovando le tracce del nipote e della Portata che contiene la notizia del testamento.

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