Martedì 23 Aprile 2024

Il Settecento batte TikTok: l’orgoglio di essere Jane

Audaci, indipendenti, sempre attuali: le eroine della Austen dominano la scena anche nel Terzo Millennio. Tra romanticismo e razionalità

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di Silvia

Gigli

Jane Austen, l’eterno ritorno. Non c’è produzione cinematografica o televisiva che, negli ultimi cinquant’anni, non abbia saccheggiato il ricco patrimonio letterario dell’inglese Jane Austen. Nata il 16 dicembre 1775 a Steventon, nell’Hampshire, figlia di un chierico della chiesa d’Inghilterra, ebbe sette fra fratelli e sorelle. Una vita spesa in campagna, a leggere e osservare la piccola e piccolissima borghesia dell’Hampshire e la nobiltà che lì aveva proprietà e tenute da mille e una notte. Jane si spegne il 18 luglio 1817 a Winchester, a 42 anni. A parte le passionali e pudiche storie narrate nei suoi celeberrimi romanzi, non si conoscono liaisons certe di Jane con gentiluomini di alcuna sorta.

Penna acuta e sensibile, ironica e divertente, Austen mette a suo modo alla berlina il piccolo mondo antico nel quale era di fatto segregata. Orgoglio e pregiudizio, Emma, Persuasione, Ragione e sentimento, Mansfield Park e molti altri titoli sono le sue vie di fuga. Londra un sogno, viaggiare un’utopia. E allora lei viaggia con la mente osservando, vivisezionando, analizzando l’animo umano in un modo così preciso e convincente da renderla tutt’oggi estremamente attuale. Non è un caso che proprio in queste settimane su Netflix sia programmato Persuasione che ha come protagonista l’eroina sexy di tutte le sfumature di grigio Dakota Johnson. Critiche contraddittorie che parlano di maldestre e incongruenti strizzatine d’occhio al mondo di TikTok o di azzeccate dichiarazioni dirette in camera al modo della rivoluzionaria e irriverente serie tv Fleabag, anche il nuovo Persuasione è comunque un successo di pubblico, in linea con tutte le trasposizioni cinematografiche della Austen. Qualche esempio? Dall’immortale versione di Orgoglio e pregiudizio con il bellissimo e ricchissimo Fitzwilliam Darcy interpretato da Colin Firth (1995) e Jennifer Ehle nei panni di Elizabeth Bennet, giovane arguta della piccola aristocrazia, è stato un susseguirsi di remake e ripescaggi, con Keira Knightley superstar dell’Orgoglio e pregiudizio di Joe Wright (2005), con Emma Thompson e Kate Winslet in Ragione e sentimento di Ang Lee (’95) fino a Gwyneth Paltrow (’96) o alla regina degli scacchi Anya Taylor-Joy (2020) nei panni di Emma. Potremmo continuare, se non fosse che un pensiero ci assale. Come mai nel 2022, tra selfie e micromessaggi dei social media, Metaverso e tutte le criptoinnovazioni del nostro mondo parallelo, la settecentesca Jane ha ancora qualcosa da dire? Con i suoi dialoghi lenti, il fruscìo di crinoline, le schermaglie amorose, le tragiche divisioni in classi sociali, i balli di campagna per accaparrare uno sposo alla figlia più scapestrata e un nobile alla più bella. C’è del romanticismo, è vero, ma anche un bel po’ di razionalità. Jane è figlia dell’Illuminismo, ha letto una valanga di libri, è curiosa, acuta, indomabile. Nonostante rimanga quasi tutta la vita chiusa in casa. Jane è Elizabeth Bennet, lingua tagliente e pensieri indicibili, orgoglio per la propria condizione economica e pregiudizio per un nobile che la ama follemente ma che lei crede la prenda in giro. Jane è Elizabeth nell’intelligenza profonda e nella capacità di stare dritta, in piedi, di fronte a un nobile e dargli in benservito non senza averlo prima apostrofato a dovere.

Il suo successo è aver portato tra le mani di ignare signore libri apparentemente futili ma in realtà profondamente scardinanti. Forse non si può dire che Austen sia l’antesignana delle suffragette, le cui rivendicazioni esplosero quasi un secolo dopo, ma certo nei suoi scritti e nella sua testa c’erano in nuce tutte le rivendicazioni deflagrate a fine Ottocento. Jane Austen, campagnola, solitaria, figlia di un chierico, mai sposata, ha saputo indagare l’animo femminile con un’audacia senza precedenti. Non negando contraddizioni, stupidità, facilonerie delle sue coetanee, perlopiù incolte o addirittura quasi analfabete, ma mettendo in luce la scintilla poderosa dell’intelligenza femminile che, ancora costretta e imprigionata, già meditava il proprio riscatto. In tempi retrogradi, fascisti, violenti, misogini, Jane è stata un raggio di luce. E lo è ancora. Secoli dopo. Ecco perché dobbiamo leggerla, rileggerla, farla leggere, guardarla in ogni nuovo film (classico o maldestro che sia, autentico o derivato, financo modello Bridgerton). E non dimenticarla mai.

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