Giovedì 25 Aprile 2024

Il secolo di Rodari, professore di Fantastica

Cento anni fa nasceva il grande educatore e scrittore per bambini: ha insegnato a maestri e allievi l’arte di inventare storie

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di Roberto Barbolini

Come si inventano le storie? La domanda urge tanto nel bambino ghiotto di fiabe quanto nello scrittore a corto d’ispirazione. Sull’argomento sono stati scritti saggi chilometrici, tanto intelligenti quanto (spesso) noiosi. Ma basta aprire le pagine della Grammatica della fantasia, il capolavoro di Gianni Rodari, per trovare la risposta: le storie si possono inventare giocando con i suoni delle parole o con gli indovinelli, riscrivendo le fiabe a rovescio o mettendo “le carte in favola”, usando la matematica oppure il pongo, il tabù o la risata.

Perché la ricetta riesca bisogna però aggiungere un ingrediente indispensabile: la leggerezza, dote rara che Rodari, premio Andersen (il Nobel della letteratura per l’infanzia) nel 1970, condivide con pochi altri maestri del nostro Novecento, si chiamino Aldo Palazzeschi oppure Sergio Tofano.

Nato a Omegna, sul lago d’Orta, Rodari avrebbe compiuto cento anni il 23 ottobre prossimo. Giocando d’anticipo, la Mondadori gli ha dedicato un Meridiano di oltre 1.800 pagine a cura di Daniela Marcheschi, in libreria da oggi; mentre dal 2 al 21 ottobre, al Castello Normanno-svevo di Morano (Cosenza), sarà aperta la mostra Rodariana. La fantasia non è un lupo cattivo, dedicata dall’illustratore Antonello Silverini al mondo dello scrittore novarese.

Rodari era figlio d’un fornaio, ma proprio per questo non ha mai creduto alla politica dei due forni, che da un lato l’avrebbe spinto ad ancorare la sua fama di scrittore alla solida partnership col pubblico infantile, e dall’altro a strizzar l’occhio a un’ alleanza sottobanco con gli “adulti”, adulterandosi per ottenere un sorriso compiaciuto dall’establishment letterario.

Scherziamo? "Rodari ha capito molto presto che, se il mondo dei bambini è diverso da quello degli adulti, non per questo dev’essere separato e mitizzato. O, peggio ancora, “adultizzato” per fini non proprio nobili" chiarisce Daniela Marcheschi, che con zelo appassionato ha dato statura di classico all’autore delle Favole al telefono, di Filastrocca in cielo e in terra e tanti altri titoli tradotti nel mondo, scomparso a Roma il 14 aprile del 1980 per i postumi d’un intervento chirurgico.

"Rodari non è solo un narratore per grandi e piccini – prosegue Marcheschi – ma qualcosa di più: uno scrittore in grado di ricostruire un ponte fra antico e moderno, tra fiaba e tecnologia novecentesca, che punta al linguaggio chiaro e non disdegna la cultura popolare, la filastrocca, la favola, ma è anche attento alle possibilità offerte dalla contemporanea realtà multimediale".

Ex maestro elementare, poi giornalista in grado di svariare dalla letteratura al cinema, dallo sport alla critica televisiva, fin da bambino Rodari aveva scoperto la poesia. "Facevo la terza elementare a Omegna – ricorderà – quando scrissi su una carta assorbente i miei primi versi. Quell’anno scrissi moltissime poesie su un quadernetto da disegno (…)".

Leggete un po’: "Quando il vedo compariresul piazzale della scuolacon la persona solanella pulita veste,Io penso che in sua vitaegli ha tanto lavorato, la salute ha logoratonello studio e nel pensier". Che importa se i versi sono dedicati al “signor Direttore” e suonano convenzionali? Una volta scoperto il piacere manipolatorio nei confronti del linguaggio, il futuro scrittore non l’abbandonerà più.

Intellettuale libero e ironico, Gianni Rodari non si è mai lasciato imbrigliare dalla pedagogia né dall’ideologia, pur praticandole entrambe. Nell’inverno 1937-’38, insegnante d’italiano in una casa di ebrei tedeschi che s’erano illusi di trovare in Italia un rifugio contro le persecuzioni razziali, era rimasto folgorato da un frammento di Novalis: "Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare". Ed è appunto questa scienza nuova, che non confuta la cara vecchia logica ma la integra con ludiche iniezioni di fantasia, la meta che, tra una filastrocca e un ritornello, l’opera di Rodari gaiamente ci addita.

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