Martedì 23 Aprile 2024

Il rock perde il ritmo: era un Rolling Stones

Morto a ottant’anni Charlie Watts, grande batterista e anima gentile del gruppo. Aveva appena rinunciato al nuovo Tour

Migration

di Andrea Spinelli

Era lo Stone tranquillo. Il più schivo e il più sobrio, il più lontano dal glamour di un’epopea in cui è riuscito a navigare per quasi sessant’anni senza perdere quell’aria da travet del rock divenuta quasi un marchio distintivo. I postumi dell’operazione al cuore che l’aveva indotto a chiamarsi fuori dalla ripresa del No Filter Tour con cui Jagger & Richards si preparano a tornare alla conquista degli stadi nordamericani non hanno lasciato scampo a Charlie Watts, scivolato nell’ombra a ottant’anni con quella punta di sincero imbarazzo che al momento dei saluti finali potevi leggergli stampata sul volto nei roboanti kolossal rock della band più famosa del mondo.

"Vi assicuro che i Rolling Stones, oltre ad avere un passato, hanno pure un futuro" ripeteva nelle interviste. Ed è proprio quella voglia di futuro che il 26 settembre, nonostante il lutto, offrirà i compagni in pasto ai famelici appetiti del Dome at America’s Center di St. Louis; e poi ancora del Bank of America Stadium di Charlotte e via di questo passo fino a novembre. Perché, in base a un patto non scritto, le “pietre” rotoleranno fino all’ultimo giorno; così come è accaduto nel 1969, quando la droga si prese Brian Jones sul fondo della piscina della sua casa nel Sussex, o nel ‘93, quando a scendere dalla giostra fu Bill Wyman (poi tornato, ma solo come ospite, nel 2012).

Al posto del mite Charlie, dietro ai tamburi, d’ora in poi siederà Steve Jordan, batterista degli X-Pensive Winos e storico collaboratore di Keith Richards.

Figlio di un camionista e di una casalinga, Charles Robert “Charlie” Watts era cresciuto nella zona Nord di Londra emulando i ritmi jazz di monumenti della musica afroamericana come Davy Tuff, Big Sid Catlett, Kenny Clarke o Roy Haynes, mentre il blues e il rock li aveva approcciati frequentando prima la Blues Incorporated di Alexis korner e poi Jones, Jagger e Richards nello squallido appartamento di Edith Grove in cui sarebbe nato tutto.

Ma la sua più grande passione giù dai palchi degli stadi è sempre rimasta il jazz, affrontato con formazioni a geometria variabile quali il Charlie Watts Quintet, il Charlie Watts Tentet o ancora The A, B, C & D of Boogie Woogie.

"Ho scoperto il jazz a tredici anni grazie a Jerry Mulligan e alla sua Walking shoes, quindi nella mia vita il mainstream o il bebop di Charlie Parker sono entrati prima del blues di Korner" ci disse una volta Watts. "Anzi, a dirla tutta, per me il rhythm’n’blues era solo la musica di ‘Bird’ rallentata".

Rispetto alle prime donne Mick & Keith, Charlie s’era rivelato parco pure nella vita privata, sposato dal 1964 con la pittrice e scultrice Shirley Ann Sheperd conosciuta ancora prima di entrare negli Stones e madre di Seraphina, loro unica figlia oggi cinquantatreenne. Sempre un passo dietro ai compagni pure nei vizi, tranne una parentesi segnata dall’eroina. "È accaduto negli anni Ottanta perché avevo preso abbastanza male la crisi della mezza età, ma ho la fobia degli aghi, quindi non ho potei scegliere la strada della droga" ricordava. "Ancora oggi per me le iniezioni sono un incubo e, facendo un blando uso di stupefacenti, mi sono reso conto che se non sei realmente interessato a drogarti tutto si risolve in uno stupido spreco di denaro".

Fra i tanti a ricordare Watts nel giorno dell’addio, anche gli ex “rivali“ dei Beatles. Paul McCartney su Twitter ha ricordato Charlie come "un ragazzo adorabile" e "un batterista fantastico" che era "costante come una roccia". E Ringo Starr, sempre su Twitter, ha scritto: "Dio benedica Charlie Watts, ci mancherai amico, pace e amore alla tua famiglia".

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