Venerdì 19 Aprile 2024

Il ritorno del “gladiatore” Mazzocchi "Che tristezza il calcio oggi. Preferisco la bici"

di Barbara Berti

"Auto o scooter? Meglio la bici! Il calcio di oggi? Freddo". In Rai da oltre trent’anni, il giornalista e conduttore Marco Mazzocchi è uno dei volti più amati dal pubblico grazie alla sua grande professionalità unita a una spontanea simpatia e alla vena ironica che lo induce a prendersi poco sul serio. Se il calcio è da sempre il suo habitat naturale, il suo essere versatile lo ha portato, e tutt’ora lo porta, a esplorare nuovi mondi. Come nel caso di Stop and Go il nuovo programma di Raidue (il sabato alle 16,30) che conduce insieme a Laura Forgia.

Come nasce l’idea di portare in tv il tema della mobilità sostenibile?

"È un tema che ultimamente è uscito dalle agende dei nostri politici, se non per i vari bonus. L’argomento è poco conosciuto anche tra i cittadini e come servizio pubblico abbiamo sentito l’esigenza di affrontarlo perché ci sono nuove soluzioni tecnologiche, nuove concezioni della mobilità individuale e di massa. All’estero il car sharing è entrato nella quotidianità, nel nostro Paese, invece, si parla di biciclette ma mancano le piste ciclabili. Però qualcosa sta cambiando e con il programma andiamo alla scoperta delle eccellenze italiane".

È tornato anche a raccontare il calcio...

"Sono molto contento di essere entrato nella squadra di Quelli che il calcio perché posso commentare a modo mio, con ironia e leggerezza".

Dai suoi esordi a oggi, come è cambiato il calcio?

"È un mondo che oggi mi piace meno, è un’industria sotto tutti i punti di vista. Mi ricordo quando andavo in ritiro o a pranzo con i calciatori per fare la mia intervista, oggi i manager decidono cosa dire e quale social utilizzare per diffondere la notizia. Anche televisivamente parlando è diventato un mondo freddo dove fanno vedere quello che vogliono".

Prima ancora delle telecronache, lei giocava a calcio?

"Sì, ma non avevo né la fame né il talento dei calciatori. Ho giocato per tanti anni a rugby poi ho smesso perché gli allenamenti e le partite non conciliavano con il mestiere del giornalista. In realtà, amo tutto lo sport e poi sono un tipo molto curioso così, grazie anche alle esperienze lavorative, mi sono ritrovato a fare surf e le gare con i cani da slitta".

È la curiosità che l’ha portata a partecipare a Pechino Express?

"Sì e anche la passione per i viaggi, la voglia di scoprire posti nuovi e conoscere altre persone. È stata un’esperienza bella ma anche molto dura, spesso ti ritrovi in balia degli eventi e non sai cosa potrà accadere dopo cinque minuti. Ma con Max (Giusti, ndr), un amico fraterno, l’abbiamo affrontata con lo spirito giusto cercando anche di divertirci e far divertire il pubblico. E ancora oggi tanta gente mi ferma per strada, mi riempie d’affetto ricordando le avventure dei “Gladiatori”, e la nostra “leggerezza”".

Ma c’è un Marco pre-Pechino e uno post-Pechino?

"L’avventura che mi ha segnato è la spedizione sul K2 del 2007, organizzata dalla K2 Freedom, con Daniele Nardi capospedizione, fermandomi al campo base. Ho realizzato un documentario per Raidue dal titolo K2: Il sogno, l’incubo, dedicato all’alpinista Stefano Zavka deceduto durante quella stessa spedizione. In quel caso possiamo parlare di un Marco pre-spedizione, un uomo estremamente competitivo e pronto a “scendere in guerra” in ogni occasione, e di un Marco post-spedizione: un uomo più maturo, consapevole, rispettoso che ama più la vita ma senza prendersi troppo sul serio".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro