Il reddito di cittadinanza? In realtà, un classico

Un primo sussidio simile venne elargito agli indigenti da uno dei padri della democrazia ateniese, Clistene. Come testimonia Erodoto

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di Aristide Malnati

Il reddito delle polemiche fu oggetto di aspre discussioni anche nel mondo classico. Il redditto di cittadinanza, sempre più dibattuto, ha infatti radici antichissime e caratteristiche assai articolate. L’esempio più simile al sussidio in vigore nel nostro Paese dal 28 gennaio 2019 è figlio addirittura della democrazia più perfetta della storia: poco dopo la nascita del governo democratico ad opera di Clistene (508-507 a. C.) venne stabilita una norma per cui gran parte dei facoltosi proventi delle miniere d’argento del Monte Laurion (50 km a sud est di Atene) veniva elargita ai cittadini che versavano in un’acclarata condizione di indigenza.

Si trattava di una somma verosimilmente significativa (come riferiscono gli storici, soprattutto Erodoto di poco successivo a quegli avvenimenti), gestita direttamente dai tesorieri, a loro volta controllati dalla “bulè”, il Consiglio, che era l’organo preposto a vigilare sulle regole della comunità. E si trattò di una decisione presa dalla maggioranza degli ateniesi, che a turno, in base al sistema di governo della democrazia diretta, governavano la città e che comunque in ogni occasione potevano intervenire anche con singole proposte nell’assemblea (ekklesìa). Un tipo di sostentamento che venne pensato per alimentare l’economia; ma che ben presto si pensò di migliorare, forse per arginare un certo assistenzialismo parassitario che evidentemente coinvolgeva frange sempre più vaste di popolazione.

Fu Temistocle, il comandante della flotta panellenica vincitrice contro i persiani a Capo Artemisio e Salamina (480), che decise di abolire tale gettito di denaro per lui improduttivo e di riconvertirlo nella creazione di una ancor più potente flotta militare ateniese, nella quale impiegare coloro che in precedenza beneficiavano del sussidio pubblico. Un simile provvedimento permise di continuare a garantire un’entrata a frange di cittadini indigenti, ma nel contempo di armare una flotta efficiente nel momento in cui iniziavano i 50 anni di guerra fredda tra Atene e Sparta.

Temistocle fu politico astuto: fece una politica spesso a favore delle classi più disagiate, ma non trascurò la difesa della città, armandola fino ai denti, soprattutto con una flotta di triremi all’epoca le navi più tecnologiche (decisive contro i persiani). Né il reddito di cittadinanza ateniese venne distribuito a pioggia a singoli armatori, spesso affaristi spregiudicati nell’utilizzo del denaro pubblico, ma venne sempre gestito dal Consiglio dei cittadini per creare sì posti di lavoro attivo, ma tutti statali.

Diverso fu lo spirito che animò la politica di Roma per arginare la povertà: fu maggiormente assistenzialista, con la “Lex frumentaria” in vigore a più riprese tra il 123 e il 58 a. C. (e poi ripresa varie volte sotto l’Impero per intervento diretto dell’Imperatore, ad iniziare da Nerone, massimo populista). Consisteva nella distribuzione a pioggia di grano a favore di molti sotto la soglia di povertà, anche per evitare pericolose rivolte popolari.

Un provvedimento per giunta che alle casse dello stato (l’erario) non costava quasi nulla, dato che a Roma affluivano con poca spesa ingenti derrate di frumento (prima dalla Sicilia e poi dall’Egitto, provincie sistematicamente sfruttate dal potere centrale), e perché si rivelava una sorta di investimento politico vantaggioso: i beneficiari di simili interventi di sostegno si rivelarono sempre fedeli sostenitori di qualsiasi azione politica o militare che intraprendesse la Repubblica romana (e in seguito l’Imperatore); erano “clientes” pronti a tutto pur di sostenere chi garantisse loro il pane quotidiano senza alcuna fatica.