Mercoledì 24 Aprile 2024

Il quartetto d’archi che suonava per il Führer L’ultimo Maurensig torna sul fantasma del nazismo

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Quasi trent’anni fa Paolo Maurensig sedusse i suoi lettori (che furono molti) con un libro d’esordio – La variante di Lüneburg, Einaudi 1993 – che con grande finezza intersecava il gioco degli scacchi, l’indagine psicologica e la drammatica storia europea del ’900 (l’avvento del nazismo, la persecuzione degli ebrei). Lo scrittore goriziano è morto il 19 maggio 2021, pochi giorni dopo la consegna all’editore di un romanzo – Il quartetto Razumovsky (Einaudi) – che torna a indagare sul fantasma del nazismo. Stavolta il racconto si sviluppa in una città del Montana, dove si ricompone – a distanza di trent’anni – un quartetto d’archi che era stato famoso nella Germania nazista. L’imprevista, nostalgica ricomposizione dell’ensemble, col ritrovo dei musicisti tedeschi nel frattempo espatriati oltre Oceano, fa riaffiorare vecchie storie e antichi rancori. Un delitto, con la morte del primo violino, è il culmine di una vicenda che sembra indicare la lunga durata delle perversioni e delle passioni tristi che hanno funestato il ’900.

Il romanzo è anche una ricerca sulle radici profonde del male; chi ha amato il primo Maurensig vi ritroverà il “suo“ scrittore: l’attenzione alle sfumature psicologiche dei personaggi, il nitore della scrittura, la dimensione filosofica del narrare. “Invidio di gran lunga – dice l’io narrante alla fine del libro – coloro che fino all’ultimo istante mantengono la fede in una vita nell’aldilà, dove ci sia giustizia e assenza del male, dove i buoni vengono premiati e i cattivi puniti. Ma sarà così?“

Lorenzo Guadagnucci

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