Martedì 23 Aprile 2024

"Il nostro Gesù, un profugo dell’anno zero"

L’attore è protagonista con Picone del film campione di incassi ’Il primo Natale’: "Il segreto del successo? Far ridere raccontando la Storia"

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di Giovanni Bogani

Molti film hanno raccontato la vita di Gesù, ognuno col suo punto di vista artistico, morale, storico. Fin dagli inizi, proprio all’alba del cinema: Louis Lumière nel 1898 realizzò Vita e passione di Cristo. Poi venne il Christus di Giulio Antamoro, splendido affresco del Muto – siamo nel 1916 – intriso di altissimi riferimenti pittorici, dall’Annunciazione del Beato Angelico all’Ultima cena di Leonardo. E tutti gli altri: il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, scarnificato, spirituale; il Vangelo rock di Jesus Christ Superstar, il calligrafismo pop del Gesù di Nazareth di Zeffirelli, L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese, la Passione di Cristo cruenta e tragica di Mel Gibson. Pochi film, però, si sono occupati della Natività vera e propria, o di Gesù bambino. Roberto Benigni, in Tu mi turbi, dialogava con un Gesù di cinque anni: cercava di fargli fare il bagno. Impresa impossibile, perché il piccolo Gesù camminava sulle acque della tinozza. E poi ci sono Ficarra e Picone. Venticinque anni di coppia, sei film da registi. E adesso anche un bel libro su di loro, È la coppia che fa il totale, scritto da Ornella Sgroi, uscito lo scorso mese per HarperCollins.

"Come bambino sarà tranquillo, le cose si complicano dopo i trent’anni", spiega Salvo Ficarra a uno sconcertato Giuseppe. "Che farà? Ma le cose che fanno tutti: moltiplica i pani, cammina sulle acque, resuscita i morti…". "Come?" "Ma non lo sai? Ci hanno fatto quattro Vangeli e un sacco di film". In quel preciso istante si sentono i primi vagiti del bimbo, e Salvo grida: "Buon Natale!".

È una scena de Il primo Natale, il film di Ficarra e Picone che lo scorso dicembre – sembra passato un secolo – fece quindici milioni di incassi. In sala. Raccontava di due tipi che passavano dal presepe vivente di un paesino al presepe ’originale’, quello dell’Anno Zero. Abbiamo raggiunto al telefono Salvo Ficarra. Gli abbiamo chiesto di ricordare quel film, e di aiutarci a riflettere sul Natale.

Salvo, le vostre commedie mostrano sempre qualcosa in più della ricerca della risata pura e semplice. Chi è, per voi, Gesù?

"Gesù è una figura talmente grande che va al di là della stessa morale cristiana. Il suo messaggio è di immensa ispirazione anche per i non cristiani: ‘Ama il prossimo tuo come te stesso’ mi sembra un concetto di cui non hanno il copyright soltanto i cristiani. Cristo è un simbolo, porta con sé tanti significati che sono già dentro di noi".

Che significato assume per voi, oggi, la sua storia?

"Parlando di Gesù, abbiamo parlato anche di altro: di immigrazione, per esempio. Se oggi nascesse Gesù, finirebbe in un barcone e non lo riconoscerebbe nessuno. Gesù era un profugo palestinese figlio di una coppia che scappava da un genocidio, quello di Erode in Egitto. Noi lo abbiamo preso a pretesto per raccontare la storia di tutti quelli che fuggono, e che meritano di essere accolti".

Avete scelto di raccontare la cronaca passando dalla Storia…

"Sì. Abbiamo voluto parlare del presente passando dalla Storia. La cronaca è fuggevole: la Storia invece ci impone uno sguardo lungo. La vicenda di Gesù ci insegna molto".

Il primo Natale è stato il vostro film di maggior successo, ma forse anche il più difficile.

"E lo domandi pure? Centinaia di comparse, in Marocco, a 58 gradi all’ombra, tutti che parlavano arabo e solo noi (quasi) in italiano! Ci mancavano gli alligatori a cercare di mangiarci!".

È stato un Natale intriso di dolori, e anche di polemiche. Che cosa direbbe alla gente che fra poche ore lo festeggerà?

"Le polemiche di questo mese le comprendo poco. Io ho ben chiaro che non si può essere felici da soli: e 70 mila morti sono 70 mila persone che mancano dalle tavole di ognuno di noi. Mi auguro che sia un Natale di rinascita vera, di scoperta delle cose davvero importanti. Si è parlato di uscire, in due, in quattro, in sei: sono sicuro che tutti quelli che hanno perso un parente farebbero volentieri a meno di uscire, a Natale, pur di avere ancora quel parente con loro".

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