Il Mostro che cambiò (per sempre) il Paese

Il libro di Silvia Cassioli, "Matteo Massi", esplora il Mostro di Firenze, dall'immediato dopoguerra fino agli anni Novanta, attraverso diversi linguaggi, contesti e opinioni pubbliche, svelando una psicosi collettiva e una rivoluzione dei costumi sessuali.

Il Mostro che cambiò (per sempre) il Paese
Il Mostro che cambiò (per sempre) il Paese

Non è nulla di quello che è stato scritto, letto e visto sul cosiddetto Mostro di Firenze. Premessa doverosa in un Paese che si porta dietro tanti misteri che spesso diventano materiale da modellare per saggi, podcast, longform pieni di rivelazioni e ricostruzioni. Anche sul Mostro di Firenze si è scritto tanto e tanti restano i punti oscuri: solo negli ultimi mesi si è parlato della possibilità di riaprire inchieste. Ma Silvia Cassioli è una poetessa, toscana di Turrita (Siena), e ha inevitabilmente uno sguardo diverso su tutta la faccenda. A iniziare dal linguaggio. L’operazione di questo libro, che ci riporta dall’immediato Dopoguerra fino agli anni Novanta, è un lavoro certosino che parte proprio dalla caratterizzazione dei diversi linguaggi utilizzati – anche se la lingua è unica, a maggior ragione nella sua culla che è Firenze – che sostanzia i diversi punti di vista.

Da una pagina all’altra, nell’intreccio di queste (quasi) 400 pagine il punto di vista sui delitti cambia repentinamente e il linguaggio passa da quello gergale in cui le vocali aspirate si prendono tutto lo spazio necessario, ai brogliacci scritti e raccontati con il lessico delle forze dell’ordine, fino agli interrogatori. L’altro elemento dirompente è il contesto di sopraffazione maschile sulle donne che permea l’Italia dei tempi. E restando sul contesto: c’è l’incredulità di un Paese che deve fare i conti per la prima volta con quell’anglicismo, fin troppo abusato ai giorni nostri. Serial killer. C’è un assassino seriale che si aggira nelle placide (in apparenza) colline toscane. Succede(va) solo negli Stati Uniti o nei film nell’orrore e invece ecco sette duplici omicidi. E tornando alla questione lessicale c’è quella parola che mai era stata usata prima: mostro.

Restando poi a quell’Italia a cavallo tra almeno tre decenni (dalla fine degli anni ’60 agli inizi dei ’90) c’è anche il percorso della formazione dell’opinione pubblica che non passa più solo attraverso i giornali. Il Mostro di Firenze diventa materia televisiva: dall’investigatore (Perugini) che va a Detto tra noi e sfida il Mostro, al processo trasmesso da Un giorno in pretura. Infine la psicosi collettiva: la paura per le giovani coppie di appartarsi in campagna, mentre si compiva una rivoluzione dei costumi sessuali in un Paese perbenista. Tanto da convincere molti genitori a chiedere a figli e figlie coi rispettivi partner di passare la notte sotto lo stesso tetto.

Matteo Massi