Martedì 16 Aprile 2024

Il mito non mente: a Giza c’era un’altra Sfinge

Gli scavi confermano: tracce di un monumento gemello. “Accompagnavano“ il sole, garanzia simbolica dell’esondazione del Nilo

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di Aristide

Malnati

Il mistero della Sfinge si infittisce. Una ricerca più che ventennale ad opera di Diego Baratono, egittologo legato all’Università di Alessandria e al Museo Egizio di Torino, ha permesso di accertare con buona sicurezza la presenza in antico di una seconda sfinge, sita a Giza (Egitto) nella zona diametralmente opposta (e oggi più elevata) rispetto a quella che si è conservata.

Prospezioni continue e mirate, accertamenti eseguiti con il georadar, che consente di rilevare la natura del terreno per decine di metri sotto il piano calpestato, ha rivelato come all’apice opposto di un diametro che ha come centro la grande piramide di Cheope ci sia un grosso scasso nel terreno, che nei secoli si è riempito di detriti e si è livellato al resto del terreno circostante. "Uno scasso non casuale. Innanzitutto per le dimensioni: sono perfettamente uguali a quelle della sfinge conservata a oriente di Giza. Entrambi misurano 21 metri di altezza e hanno lunghezza e larghezza di misure quasi coincidenti. Non può essere un caso", osserva Baratono, sicuro dei propri risultati.

Gli ultimi sondaggi e carotaggi, molto dettagliati pur nelle difficoltà di lavorare sul sito a causa della pandemia, hanno permesso di ricostruire i contorni dello spazio vuoto e di restituire la forma del gigantesco monumento che lì verosimilmente giaceva: e la possibilità che si tratti di una sfinge dalle caratteristiche simili a quella nota sono elevate. La presenza di due sfingi a guardia simbolica di aree sacre o sepolcrali durante l’Antico Regno in Egitto (3000-2000 a. C.) è perfettamente in linea con la religione e la mitologia che si sono sviluppate in riva al Nilo. La necropoli di Giza, che è più estesa di quanto pensiamo, è stata concepita come enorme e simbolico monumento agli dèi perché conservassero florido l’Egitto e perché soprattutto propiziassero le regolari ed annuali esondazioni del Nilo, fondamentali per la fertilità dell’intero Paese.

Nel fare questo gli architetti del faraone, ad iniziare da Imothep (2700-2630 a. C. circa), che poi sarebbe stato divinizzato, realizzarono gradualmente la forma della piramide, che riproduce geometricamente l’aspetto che ha la costellazione dell’Occidente quando il Nilo esonda e produce il fertile limo per un’agricoltura rigogliosa.

"È questa la reale spiegazione della forma della piramide: creare la condizione simbolica per l’esondazione. E in questo processo il disco del sole (divinizzato con il nome di Ra) è fondamentale. È fondamentale che esso, che alla sera muore, poi risorga regolarmente il mattino dopo, una volta terminato il cammino notturno", osserva Baratono. E l’archeologo aggiunge: "E chi garantisce l’accadimento perenne di questo fenomeno? Due sfingi, una a Occidente, che accompagna il sole al suo ingresso negli inferi; l’altra a Oriente che lo accoglie, finito il suo percorso, e lo fa risorgere".

La corretta rappresentazione pratica di un passo così importante nella mitologia egizia, capace di garantire eterna abbondanza ai Faraoni e ai loro sudditi, è stata realizzata attorno al 2550 a. C. nel luogo simbolo di tutta la religione nazionale: la piana di Giza, dove appunto da oltre duecento anni gli egizi costruivano piramidi e altri monumenti sepolcrali per accattivarsi il favore dei loro dèi. Fu allora che verosimilmente Chefren (IV dinastia, sul trono dal 2558 al 2532 a. C.) decise di erigere la sfinge, anzi, come ormai sembra, due sfingi, silenti e perenni custodi di tutta l’area e simboliche garanti dell’eternità del processo di morte e rinascita del sole e quindi delle benefiche esondazioni del Nilo. "Archeologia e mito questa volta coincidono in pieno: la veridicità della narrazione mitologica trova piena conferma dai dati emersi dallo studio del terreno", chiosa Baratono.

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