ANDREA SPINELLI
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"Il mio San Siro? Un club anni ’70". Con Mengoni si balla a tutto soul

Il debutto del cantante a Milano, di fronte a oltre 50mila fan

Marco Mengoni, 33 anni: ieri sera la sua "prima volta" a San Siro

Marco Mengoni, 33 anni: ieri sera la sua "prima volta" a San Siro

"Dimenticatevi di essere in Italia nel 2022…" si raccomandava ieri sera sullo schermo un Marco Mengoni in versione presentatore (italo)americano anni Settanta invitando il popolo di San Siro, oltre 50mila fan, a un viaggio nel tempo alla ricerca del soul perduto.

La premessa video necessaria a un set dall’anima scura calato nella geografia emotiva di un kolossal da stadio capace di andare oltre le suggestioni dell’ultimo album Materia (terra) che da stadio proprio non è. E che troverà ulteriore espressione in quei palazzi dello sport che l’idolo di Ronciglione ha in agenda per ottobre – debutto il 2 a Mantova e poi tappe a Milano il 5, Bologna il 14, Pesaro il 16, Firenze il 18 – presumibilmente dopo l’intervento al legamento crociato, trauma che s’è fatto sentire qua e là pure nello show di ieri a Milano. "Ideando il palco ho pensato di riprodurre l’atmosfera calda e avvolgente degli show musicali degli anni ’70" dice Marco a proposito di questo suo Soul Train formato templi del calcio in cui si avvale della messa in scena del team di Black Skull Creative (Dua Lipa, Elton John). "Fra le sfide dello spettacolo c’era portare in uno stadio le sonorità dell’ultimo album nel loro ambiente naturale: i club di allora". Replica mercoledì all’Olimpico, ospiti Madame, Giuliano Sangiorgi e Gazzelle.

Operazione che inizia con Cambia un uomo, con Marco che entra in scena tra due ali di pubblico dopo aver visto il grande palco semicircolare appollaiato tra gli spalti trasformarsi in un caledoscopio impazzito d’immagini della sua vita. "Da qui vedo il palco dalla prospettiva del pubblico, che ovviamente è diversa dalla mia quando ci sono sopra" dice. "Non potendo fare voli, perché il ginocchio non me lo permette, mi godo il primo abbraccio della gente tra la gente".

A legare il repertorio di #Marconeglistadi – con tanto di cover di Psycho Killer – sono dei monologhi, non necessariamente suoi. "Fra i temi che m’interessava toccare c’è quello dell’importanza della parola, del relazionarsi con gli altri soprattutto dopo due anni di lontananza come questi ultimi. Del non aver paura dell’altro. Ci sono parole come “razzismo“, “odio“, “indifferenza“, ad esempio, che andrebbero tolte dal vocabolario. Se non esistessero certe parole, forse non esisterebbero neppure i gesti che la giustificano"