
Il ritorno del maestro annunciato nel 2024 come successore di Chailly a Milano, poi “sorpassato“ da Chung
Le nonne, categoria peraltro che all’opera ancora va, direbbero che fra i due litiganti il terzo gode. Il litigante numero uno è la Scala; il numero due, il maestro Daniele Gatti; il terzo che gode, il Maggio musicale fiorentino e il suo sovrintendente, Carlo Fuortes. Che a Firenze ci fosse trippa per Gatti lo si sospettava, ma in teatro di solito nulla è più smentito delle previsioni. E invece è arrivato il comunicato con il quale Gatti viene incoronato direttore musicale dell’Mmf per i prossimi tre anni, dal festival 2026 a quello del ’29 compreso. Il nuovo granduca musicale non è una novità per Firenze: l’aveva nominato "direttore principale" Pereira nel ’22 e l’avevano confermato il commissario Cutaia e di nuovo Fuortes, fino all’anno scorso. L’Orchestra del Maggio, che è come la sua città, splendida ma non facile specie per chi viene da fuori, lo ama appassionatamente. Infatti ieri, quando Fuortes si è presentato durante una prova di Aida per portare la lieta novella ai professori, questi hanno reagito con un applauso cui si è unito anche Zubin Mehta dal podio.
Del resto, il Gattone a Firenze negli ultimi anni ha sempre fatto delle gran belle cose: vertici, a parere sindacabilissimo di chi scrive, due Puccini geniali, Tosca e Butterfly, e una Terza sinfonia di Honegger che si custodisce fra le memorie più care. Ora Gatti farà il pendolare fra Firenze e Dresda, dove è alla guida della Staatskapelle, la più antica e forse la migliore orchestra del mondo. Quella che è una nomina logica, sensata e, come dire?, scritta nei fatti diventa una notizia perché nel frattempo è avvenuta la clamorosa rottura fra il maestro e la Scala.
Gatti è milanese, attaccatissimo al Tempio, grande direttore l’abbiamo già detto, e sembrava quindi il successore naturale di Riccardo Chailly, tanto più che alla Scala era stato già vicinissimo alla direzione musicale in due occasioni, nel 2007 e nel ’13, e in entrambi i casi la nomina era sfumata. Questa volta sembrava fatta. Tanto più che, quando il 16 aprile ’24 il sindaco Giuseppe Sala, dopo un accordo con l’allora ministro Sangiuliano annunciò che a succedere come sovrintendente a Dominique Meyer sarebbe stato Fortunato Ortombina in arrivo dalla Fenice, disse anche che Gatti sarebbe stato il nuovo direttore musicale.
Ma, per usare un eufemismo, la corrispondenza d’amorosi sensi fra Gatti e Ortombina non è scattata: fossero veri la metà dei pettegolezzi che circolano nella Milano musicale, diciamo che tra i due i rapporti sono meno cordiali di quelli fra Sparta e Atene nei momenti più caldi della guerra del Peloponneso. Anche perché a una parte dell’Orchestra della Scala, che è anche più difficile di quella del Maggio, Gatti non piace.
Risultato: i patti di Sala si sono dissolti, Ortombina ha nominato il coreano Myung-whun Chung con il quale ha lavorato molto e bene alla Fenice e Gatti ha replicato ritirandosi dal Pelléas et Mélisande della prossima stagione. Così Fuortes, che è notoriamente sveglio, ha colto il Gatti al balzo. Quanto ad Alexander Soddy, in predicato di nomina dopo aver diretto molto bene la Salome inaugurale del festival attuale, dal Maggio assicurano che "continuerà a collaborare" con Firenze: in primis, per il Macbeth "di" Martone (e anche un po’ di Verdi, volendo), quest’autunno.
Ma nel frattempo Fuortes di colpacci ne ha messo a segno un altro: il debutto all’opera (e opera non facile: Un ballo in maschera) del giovin direttore Emanuel Tjeknavorian, attualmente a Milano ma alla Sinfonica, il musicista classico più eccitante e acclamato degli ultimi tempi. Ben venga al Maggio.