Mercoledì 24 Aprile 2024

Il Macbeth della rinascita, ovazioni alla Scala

Dodici minuti di applausi finali, sei per Mattarella col pubblico che invoca il suo "bis". Divide il regista Livermore: qualche buuu dal loggione

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di Nicola Palma

Diciotto minuti di applausi alla Prima della Scala. Dodici per il Macbeth diretto dal maestro Riccardo Chailly, allestito dal regista Davide Livermore (qualche disapprovazione dal loggione) e dominato dalla coppia d’assi Netrebko-Salsi. Sei solo per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, visibilmente commosso per il tributo che i duemila in sala (con richieste di "bis") hanno deciso di tributargli alla sua ultima apparizione al Piermarini da Capo dello Stato (la venticinquesima all’ombra della Madonnina nel settennato che sta per terminare). Poi tre ore e mezza di show, con le scenografie che rapiscono il pubblico e lo trasportano in una realtà distopica e onirica che alla fine convincerà quasi tutti (l’archistar Stefano Boeri e il presidente Mediaset Fedele Confalonieri gli unici fuori dal coro degli elogi). A fare da sfondo lo skyline di una metropoli senza spazio né tempo, con un grattacielo che sfonda idealmente il soffitto del teatro e un ascensore che trasporta su e giù i protagonisti in un crescendo amplificato da maxischermi, realtà aumentata e software da videogame.

È lo stile di Livermore e della sua collaudata squadra, che punta sì a conquistare il pubblico in sala ma anche a soddisfare quelli che sono davanti alla tv su Raiuno (e che a differenza degli altri hanno assistito pure a una scena hard tra Macbeth e la sua Lady). "Amo questa rivisitazione moderna che, amplificando le emozioni, anche la mia generazione assorbe con facilità", sintetizza il cantautore Cesare Cremonini, al debutto con la madre. "L’apertura delle aperture", per dirla con le parole del sindaco padrone di casa Giuseppe Sala, mostra "una normalità diversa: siccome non sappiamo quando tutto questo finirà, viviamo. Viviamo con prudenza". Super green pass sullo smartphone e mascherine d’ordinanza (di varie fogge e con qualche licenza per selfie e scatti di gruppo), il foyer si anima come ai vecchi tempi, seppur con qualche attenzione (ma neppure troppe) alle distanze: tra le new entry spiccano l’attore Luca Argentero, il leader degli Afterhours Manuel Agnelli e il vincitore di Sanremo 2020 Diodato, anche se uno dei più fotografati e intervistati resta l’evergreen Placido Domingo.

"Se la gente si vaccina, c’è spazio per essere ottimisti, la mia presenza è un segno di grande ottimismo", certifica il virologo Roberto Burioni, tra i primi ad arrivare. La piazza è transennata e presidiata dalle forze dell’ordine, anche se la tradizionale protesta non ha i numeri di un tempo (ed è così da un po’): chi si aspettava incursioni di no vax o tifosi del Liverpool in trasferta per la Champions si ritrova davanti qualche centinaio di persone che urla "Lavoro, lavoro" sotto le bandiere dei sindacati di base.

Nel frattempo, è già tempo dell’inno di Mameli, anche se prima va in scena il prolungato e caloroso omaggio a Mattarella. Nessuno lo dice apertamente, ma è chiaro che al Piermarini il gotha della finanza al gran completo, i vertici istituzionali e pure il mondo della cultura fanno il tifo compatti per un secondo settennato da Capo dello Stato. "Vorrei un presidente come Mattarella", si limita a dire la senatrice a vita Liliana Segre, che poi lo incontrerà all’intervallo. "Mi dispiace che se ne vada", ammette lo stilista Giorgio Armani.

Spazio all’opera, che non tradisce le attese e si inserisce nel solco già tracciato nei tre anni precedenti da Livermore, che alla fine incassa però qualche "buu" isolato dalle zone alte del Piermarini. Pure questo fa Prima. "Ogni 7 dicembre tutto il mondo guarda all’Italia, a Milano e alla Scala – chiosa il ministro della Cultura Dario Franceschini –. È importante che questa serata dimostri che si può far ripartire la cultura in sicurezza".

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