
In un volume la ricostruzione storica dell’“Ultimo politico risorgimentale“. Focus sul giornalismo: a 29 anni, giovanissimo direttore de “il Resto del Carlino“.
Mazzuca
Sono legato a Giovanni Spadolini per due ragioni principali: primo appartiene a quel filone liberal-demoratico a cui anche io mi sono sempre ispirato e nutrito, secondo è stato alla guida del Resto del Carlino dove molti anni più tardi anche io fui scelto come direttore. Ritornando a casa, nella “mia” Bologna, terra di partenza ma anche di ritorno di una carriera vissuta con intensità e passione. E seguendo proprio le orme di due grandi maestri: Indro Montanelli, di cui fui vice-direttore alla Voce e Giovanni Spadolini, che a differenza del grande vecchio di Fucecchio scelse anche la carriera parlamentare che lo proiettò ai più alti livelli politici. Due toscani dunque, da me ammirati per la loro cultura, statura morale e immensa conoscenza storico-politica.
Ma soprattutto per un grande, grandissimo amore per l’Italia. Non è mai facile dunque scrivere un libro – L’ultimo politico risorgimentale –, tanto più se il biografato in questione si chiama appunto Giovanni Spadolini. A tutti gli effetti un “Padre della patria” e soprattutto il cui pensiero affonda in quell’Italia prerisorgimentale per arrivare alle soglie degli anni ’90. Due secoli, anzi, quasi tre che hanno visto la completa trasformazione della democrazia parlamentare italiana. Secoli in cui il paese ha vissuto gli abissi della dittatura fascista ma è anche risorto grazie alla stagione degasperiana, un faro nella guida dei governi per Spadolini.
Attraverso una ricostruzione storica quanto più veritiera e corretta delle fonti con Federico Bini abbiamo cercato di illustrare l’esistenza di un uomo che fin dalla sua adolescenza ha deciso di spendere la sua vita al servizio del Paese. E lo ha fatto nella piena consapevolezza che politica e cultura sono un binomio quantomai inscindibile. Spadolini è stato certamente un grande sognatore, perché dentro di sé sognava un’Italia migliore ma nello stesso tempo seppe anche scendere a compromessi e attraversare le pericolose notti della “Repubblica dei partiti” sempre però con la schiena dritta e un irrinunciabile rigore morale. Nel mezzo una stagione di impegno civile, accademico, giornalistico e culturale nei principali quotidiani italiani, dal Mondo di Pannunzio alle direzioni del Resto del Carlino e del Corriere della Sera.
Giovanni Spadolini a cento anni dalla nascita (1925-2025) è una figura più attuale che mai. Dalla fondazione del ministero della Cultura alla presidenza del Consiglio, fino ai bellissimi anni di senatore a vita, quindi anche ministro della Difesa e presidente del Senato, seppe guidare il Paese con orgoglio, fermezza e passione risorgimentale alimentata da una retorica e da una enfasi oratoria degna della miglior stagione del parlamento giolittiano. Giovanni Spadolini abbiamo cercato di farlo rivivere in queste pagine probabilmente con più pregi che difetti. Sicuramente li ha avuti, come tutti gli uomini mortali, ma in quanto alla sua dimensione pubblica, dal giornalismo alla politica ha sempre mantenuto un rigore e un’autorevolezza che oggi un po’ ci fa rimpiangere una certa Italia. Quell’“altra Italia” o anche una certa “idea di Italia” che da Piero Gobetti arrivava a Ugo La Malfa e si rintracciava con grande fatica “archeologica” nei più diversi filoni e protagonisti del pensiero moderno a cavallo tra ‘800 e ‘900. Perché Giovanni Spadolini, uomo dell’Italia novecentesca non può essere capito o interpretato nella sua spiritualità senza andare a guardare all’Ottocento e quindi a una Italia che ancora doveva essere Stato e quindi nazione.
Sarà lui, con il suo sano e fiero patriottismo a risvegliare la voglia di sventolare e abbracciare il tricolore pur assistendo alla fine della sua prestigiosa e illustrissima vita che quell’unico tricolore importante che avrebbe voluto vedere da vicino gli mancò per pochissimi voti. Ma la politica comunque gli aveva già tributato l’onore delle armi e soprattutto l’onore di entrare all’interno della storia da protagonista, da “Padre della Patria”. Una valutazione personale conclusiva che abbiamo deciso di non inserire: per storia, cultura e integrità morale, nel difficile travaglio che lo Stato repubblicano visse negli anni ’90 forse, ma anche senza “forse”, la persona più adatta a guidare la Repubblica sarebbe stato proprio Giovanni Spadolini.