"Il Leone è di Nicoletta, io meritavo un gattino"

Roberto Benigni mattatore al Lido, dedica alla moglie il premio alla carriera e omaggia Mattarella: "Presidente, resti ancora qualche anno in più"

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"Conosco una sola maniera di misurare il tempo: con te e senza di te". È una citazione da Jorge Luis Borges, da una poesia, L’amore. La cita Roberto Benigni, e quelle parole diventano un’esplosione di fuochi d’artificio nel cielo della Sala Grande.

Roberto Benigni riceve il Leone d’oro alla carriera, e lo dedica alla moglie Nicoletta Braschi: "Alla donna che imparadisa la mia mente. Abbiamo fatto tutto insieme, per quarant’anni. Il tuo talento, il tuo mistero, il tuo fascino sono stati tutto per me. Tu sei la dimostrazione che, come diceva Groucho Marx, ‘gli uomini sono donne che non ce l’hanno fatta’. Io mi prendo la coda di questo Leone, tu tutto il resto, e soprattutto le ali: io meritavo un

gattino, un micino, ma un Leone d’Oro alla carriera qui a Venezia è veramente il premio più prestigioso più bello".

Ma Roberto Benigni non si dimentica i suoi compagni di avventura e di strada: soprattutto quelli degli esordi, Carlo Monni, immenso e ruvido Obelix toscano, e con lui Lucia Poli, Donato Sannini, fino ad arrivare a Giuseppe Bertolucci, scoprì nei teatri off di Roma, e a tutti gli altri, Vincenzo Cerami, Jim Jarmusch, Fellini. E non manca, nel suo discorso, la provocazione politica: "Presidente Mattarella, resti ancora, così ci porta fortuna anche ai mondiali in Qatar".

Benigni ringrazia in inglese Jane Campion, regista da Oscar che ne ha tessuto le lodi: "Mi sento ‘discombambulated’", che si potrebbe tradurre con "sbambolato".

La cerimonia di inaugurazione della settantottesima Mostra del cinema di Venezia ha con Benigni il suo picco di emozione tumultuosa. Compostissimo, invece, ma probabilmente divertito sotto la mascherina, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Non accade in tutte le edizioni che un presidente della Repubblica venga a sostenere la Mostra con la sua presenza.

Madrina della manifestazione, visibilmente emozionata, Serena Rossi ricorda le madri dell’Afghanistan. "Il mio pensiero va a quelle braccia tese sul filo spinato. Alle madri pronte, in un gesto estremo, a separarsi dai loro figli pur di salvarli. E penso anche ai registi, agli artisti di quel Paese e alle loro famiglie, che in questo momento corrono un rischio altissimo". L’immagine che tutti abbiamo nella mente è il video di quel comico, già avanti con gli anni, schiaffeggiato da un talebano e poi – finita la ripresa video – sgozzato. "Con forza vi diciamo: non siete soli", dice Serena.

Poi fa una lunga pausa, viene persino paura che qualcosa abbia fatto crac, nel meccanismo oliato di una cerimonia inaugurale, che ci sia un vuoto di memoria, un tempo sospeso. Invece era solo l’emozione che le scendeva addosso, come una cascata.

Giovanni Bogani