ANDREA
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Il gioco della verità, l’ultimo dono di Friedkin

Fuori concorso l’opera testamento del regista morto il 7 agosto. La storia di un ammutinamento in cui niente è come sembra

Andrea

Martini

Paura dell’amore, sentimenti che fanno soffrire e annebbiano la vista? Ci pensa l’Intelligenza Artificiale che periodicamente può ripulire il Dna di ciascuno. Ogni traccia emozionale svanisce se si possono rivivere, attraverso immersioni nel passato, i propri traumi. Buddismo, Freud e tanta fantascienza l’avevano anticipato. Ora Bertrand Bonello, francese estroso dotato di un grande talento seppur magmatico, sfrutta la congettura per una vicenda che riporta in primo piano il conflitto tra turbamento e ragione. La protagonista Gabrielle è refrattaria al procedimento e in lei ogni evento trascorso, o del possibile futuro, genera nuova angoscia: i battiti del cuore non rispondono a nessuna logica programmabile. Melodramma proiettato nella modernità futuribile, La Bête è uno dei film più intensi ed emozionanti della Mostra. Illuminato dalla fulminante bellezza di Léa Seydoux.

“Empatia è debolezza e debolezza significa vulnerabilità”. Il più giovane tra gli anziani del Concorso, David Fincher, firma il più filosofico e meno enigmatico dei suoi thriller. In The killer Michael Fassbender è un professionista ossessionato da un maniacale perfezionismo che non gli impedisce però, all’ennesimo contratto, di fallire il bersaglio. Il Fincher che conoscevamo era altro: The killer non assopisce ma nemmeno elettrizza.

Un congresso di fisica nella Svizzera dei primi anni ’60 dà l’avvio a una vicenda ingarbugliata sullo sfondo della paranoia da guerra fredda. Il pretenzioso Timm Kröger in The Theory of Everything usa il bianco e nero, echeggia Lang e Lynch ma per due ore offre solo un compiaciuto virtuosismo.