Martedì 23 Aprile 2024

Il "gioco da bambini" che condannò Hitler

Ottant’anni fa invase la Russia convinto di vincere in poco tempo. Ma l’Operazione Barbarossa fu un disastro, costato 27 milioni di morti

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di Roberto Giardina

Di domenica, poco prima dell´alba, alle 3,15 del 22 giugno 1941, la Germania nazista lanciò l’attacco contro l’Unione Sovietica, senza dichiarazione di guerra. L’inizio dell’Operazione Barbarossa, per Hitler "ein Sadkastenspiel", un giochetto di bambini. Quel pomeriggio, nella finale di campionato a Berlino, l’Herta perse contro il Rapid di Vienna per 4 a 3, dopo aver condotto per 3 a 0. I tedeschi cominciano sempre travolgendo gli avversari, poi finiscono per perdere. In Italia, si andava al cinema a vedere Piccolo mondo antico di Mario Soldati. Gli italiani sognavano la pace. Poche ore dopo, Mussolini seguì l’alleato e dichiarò guerra all’Urss. Il primo contingente partì per il fronte orientale il 10 luglio.

L’attacco fu simultaneo su tutto il fronte, dal Baltico al Mar Nero, tre milioni e 500mila tedeschi, 118 divisioni di fanteria, 15 divisioni motorizzate, e 19 Panzerdivisionen, 3300 carri armati, 2770 aerei. Di fronte, 4,7 milioni di sovietici, mal equipaggiati. Doveva essere una Blitzkrieg, una guerra lampo, dall’inizio dell’estate all’autunno, prima del gelo, per non fare la fine di Napoleone. Hitler coniò una nuova definizione, una Vernichtgungskrieg, una guerra di distruzione. Le popolazioni nemiche dovevano essere annientate. E subito cominciò il massacro degli ebrei. L’Operazione Barbarossa si concluse con 27 milioni di morti, 14 milioni furono civili, donne, vecchi, bambini. I prigionieri russi furono sei milioni, oltre la metà morì di stenti nei campi di concentramento.

"In questa guerra nessuno ha avuto più vittime dei popoli dell’allora Unione Sovietica. E questi milioni non sono profondamente impressi nella nostra memoria collettiva, come richiedono il loro dolore, e la nostra responsabilità", ha detto il presidente della Repubblica Karl-Walter Steinmeier, nel commemorare l’evento in un luogo simbolo della vergogna e dell’umiliazione nazionale, a Karlshorst, un sobborgo di Berlino, in quello che era il club degli ufficiali della Wehrmacht, dove l’8 maggio del 1945 i tedeschi firmarono la resa senza condizioni.

"Il 22 giugno fu un giorno della vergogna – ha detto a sua volta Angela Merkel – per l’aggressione e per l’orrore compiuto. Con umiltà ci inchiniamo innanzi ai sopravissuti".

Il primo giorno furono distrutti a terra 1800 aerei sovietici, e le truppe naziste entrano in Lituania. L’Urss fu presa di sorpresa, anche se i segnali erano evidenti, e i servizi segreti britannici avevano informato Stalin. Il 28 giugno, i nazisti conquistano Minsk in Bielorussia, e Riga sul Baltico, 160mila lettoni si arruolano nelle Waffen SS, con i nazisti per odio contro i russi. Ma già a luglio l’avanzata rallenta, l’Armata Rossa difende metro per metro per guadagnare tempo.

Curzio Malaparte è inviato del Corriere della sera, e nota che i prigionieri russi vivono insieme, soldati e ufficiali, sono operai e contadini, un esercito del popolo, che gli appare più forte dei nazisti, un esercito di élite. E viene rimandato a casa dalla Wehrmacht (ripubblicherà i suoi articoli nel libro Il Volga nasce in Europa). Il 21 luglio viene bombardata Mosca, i sovietici si ritirano dalla Polonia. Il 7 agosto, Stalin prende il comando dell’Armata Rossa. Il 25, Mussolini incontra Hitler nella Wolfsschantze, la tana del lupo, in Prussia orientale, e gli promette altre divisioni, il contingente italiano viene portato a 230mila uomini, mal equipaggiato. I fanti hanno stivali con le suole di cartone, tanto la guerra finirà in estate, i nostri carri armati da tre tonnellate affrontano i T34 sovietici da 30 tonnellate.

Il 6 settembre Leningrado è circondata. A Kiev, in Ucraina, gli ebrei erano 220mila, ma gran parte sono fuggiti, i giovani combattono nell’Armata Rossa. Il 29 e il 30 settembre, le SS compiono il massacro di Babij Jahr, un vallone vicino a Kiev, massacrano 33mila ebrei, in gran parte, anziani, donne, bambini. L’Ucraina è lo spazio vitale promesso da Hitler ai tedeschi, e dovrà essere liberata dagli Untermenschen, gli esseri umani inferiori. Il 12 novembre inizia la battaglia per Mosca. Il 5 dicembre i nazisti giungono a venti chilometri dalla città, e sono fermati dalla neve e dal gelo, come Napoleone nel 1812.

Hitler ha perso la corsa contro il tempo. Il 5 dicembre comincia la controffensiva d’inverno dell’Armata Rossa. Il 7 dicembre, i giapponesi attaccano Pearl Harbour, gli Stati Uniti entrano in guerra. Il 19 Hitler assume il comando delle forze armate. Il 23 agosto del ’42, inizia la battaglia di Stalingrado. Il 24, il Savoia Cavalleria rompe l’accerchiamento con una disperata carica a cavallo a Isbuschenskj, un villaggio sul Don. Una pagina di storia, ma ottocentesca.

Il 18 gennaio del ’43 inizia il ripiegamento delle nostre truppe, una marcia nella neve a 30 sotto zero. Gli italiani caduti in battaglia saranno 84mila, i feriti 30mila, i prigionieri 70mila, ma il bilancio è approssimativo. Il 2 febbraio, l’Ottava Armata si arrende a Stalingrado, la guerra è perduta ma continuerà per altri due anni, e milioni di morti.

Il 2 maggio del ’45, la bandiera rossa sventola sul Reichstag a Berlino. Il mondo è diviso in due, la guerra fredda durerà altri 44 anni, fino alla caduta del muro. Tutto iniziò come un gioco di bambini.

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