Giovedì 25 Aprile 2024

Il figlio Franco "Vietato il calcio a casa L’abatino non era Rivera"

Il ricordo: "Aveva creato un nomignolo anche per mamma. La Professora"

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di Giulio Mola

"Ancora oggi lo chiamo Giovanni, ma era mio padre. E man mano che si va avanti con gli anniversari alla fine si esauriscono gli argomenti..." Occhi lucidi che a fatica nascondono la commozione. Franco Brera (foto), classe 1951, terzo dei figli – l’unico vivente – fa emergere l’immensa umanità quando si parla del papà nell’incontro ’Gioan Brera fu Carlo’, organizzato da Gruppo lombardo giornalisti sportivi e Panathlon Milano.

Che padre è stato Gianni Brera?

"A casa non lo si trovava mai, raramente lo incrociavamo a qualche pranzo o cena. Aveva scelto di dedicarsi alla carriera per far stare meglio anche noi. Ma era presente in altro modo, la sua “educazione“ per noi è stata indiretta perché ci bastava guardarlo per apprendere. E comunque in casa era vietato parlare di calcio, avrebbe considerato la cosa come un’offesa..."

Quindi no ai dibattiti sull’Abatino o Rombo di Tuono?

"No, nessun accenno. Anzi qui bisogna sfatare una volta per tutte un luogo comune: l’Abatino non è stato Gianni Rivera e neppure Livio Berruti, ma un vero abate e filoso dell’educazione, un pretino ecclesiastico di rilievo della nostra letteratura, e si chiamava Giuseppe Parini".

La sua compagna di una vita era Rina, la vostra mamma...

"Mio padre coniò anche per lei un neologismo, era la Professora. Donna molto colta, amata dagli studenti dei licei milanesi. Ed era bello e divertente sentir dire da Gioan che mamma fra guerre e varie attività aveva scodellato quattro figli. Perché è giusto ricordarlo: il primo figlio morì che aveva sei mesi, nel ’44, quando mio padre era in guerra. Si chiamava Franco".

Chi erano gli amici di Brera?

"Colleghi del Giorno come Mario Fossati, Pilade Del Buono, Giulio Signori. Poi lo scultore Carlo Mo. E Ottavio Missoni".

Suo padre era migliore come giornalista o come narratore?

"Io l’ho sempre definito uno scrittore di razza. I neologismi? Lui scriveva come una mitragliatrice, poi s’interrompeva e inventava una parola. Catenaccio e contropiede sono le più celebri, poi ciurlina, il nome che dava al vino leggero nel pavese".

Cosa potrebbe insegnare alla gioventù di oggi?

"A tutti i ragazzi direbbe quello che ripeteva a noi: lavorate e fatelo con passione".

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