MATTEO MASSI
Magazine

Il diario dei giorni e delle foto: è il mondo di Patti

Smith pubblica “A book of days“: la scoperta di Instagram e quelle immagini che raccontano anni pieni di amori, poesia e di rock

All’inizio era la curiosità. Spesso veniva postata l’immagine di una tazza (ampia) di caffè americano e un dettaglio. Ancora più spesso in bianco e nero. Che anche Patti Smith sia entrata nel mondo digitale dei social non suona come un tradimento. Anzi, con il passare dei giorni e del tempo era uno strumento (il profilo Instagram) per fare capolino nella sua vita in modo più diretto. Per sentirla vicina quasi come se ci si trovasse sotto il palco in uno dei suoi concerti. Il 20 marzo 2018 – con il Covid che era ancora sconosciuto – la sacerdotessa del rock ha aperto il suo profilo Instagram. Dice che l’abbia fatto su impulso della figlia Jesse. Un inizio, anche se si vuole, fin troppo banale: mettere la firma che quello che davvero era (ed è) il suo profilo per allontanare qualsiasi tipo di replica fraudolenta.

Il passaggio dall’analogico al digitale è stato quasi naturale. Patti Smith oltre a portarsi dietro un taccuino – un discreto numero di chitarre quando è in tour – ha sempre con sé una Polaroid. Non quelle patinate di ora ma un vecchio arnese del Novecento. Nel doppio album Land che raccoglie le sue canzoni migliori nel primo disco e una manciata di versioni live nel secondo, il libretto è pieno di sue foto. E di oggetti. Sembra un’operazione feticista, ma dietro ogni oggetto c’è una storia e spesso c’è un legame, anche sentimentale. Affetti, amicizie, amori, sudore e sì anche sputi, tutti elementi che rendono la liturgia di un suo concerto quasi identica in ogni data (anche nella scaletta) ma allo stesso tempo unica per la botta di emozioni che la signora Smith è ancora in grado di generare. E così questo diario (appena uscito in Italia per Bompiani editore) e che non poteva non intitolarsi che A book of days non è una sequenza di 365 immagini postate su Instagram (366, l’anno è bisestile) ma fili che s’intrecciano in un racconto della vita (anche intima) di chi non ha scritto, cantato e suonato solo Horses, l’album che le ha permesso di entrare stabilmente nella speciale classifica di Rolling Stone tra i cento album più importanti della storia.

Gli oggetti, appunto. In una foto è a Saint Louis, al Bellefontaine Cemetery. E ci sono due Burroughs: omonimi. Quello più famoso in teoria dovrebbe essere William, padre dei beat ("amato e famigerato" scrive Patti Smith) e del cut up, ma la sua lapide è modesta se messa a confronto con quella di William Seward Burroughs, suo nonno, l’inventore della calcolatrice.

E poi c’è il testo dattiloscritto di Blue poles proprio come il dipinto di Jackson Pollock, cui la canzone è ispirata. E Patti chiosa: "Il testo parla delle difficoltà affrontate durante la Grande Depressione, una metafora delle lotte personali di Pollock e Krasner (Lee, moglie dello stesso Pollock), e forse di alcune delle nostre". E poi ci sono lei e Lenny Kaye che distendono il Grand Prix du Disque. Lenny è un chitarrista, il suo chitarrista, quello che iniziò ad accompagnarla quando ancora Horses (il disco che ha ottenuto il premio nel 1976) non era nemmeno un’idea. Patti leggeva le poesie e Lenny suonava la chitarra. Questa foto con il premio è lo snodo cruciale di quella che sarà la carriera di Patti Smith. In anticipo con Horses sulla nascente new wave: un disco troppo potente, elegante e libero (nelle forme) per essere considerato banalmente un lavoro punk.

La copertina di Horses è un altro filo che rimanda all’altro amore di Patti Smith, oltre a suo marito Fred Sonic Smith: l’artista Robert Mapplethorpe. Scattò lui la fotografia, cercando un po’ di fare il verso, nella rappresentazione, sia a Frida Kahlo sia a Frank Sinatra. Ma nel libro Patti inserisce la foto iconica con Robert: 1 settembre 1969, Coney Island, il secondo anniversario per loro. L’inizio di una nuova vita a New York. E poi c’è Fred, suo marito (morto nel 1994 a Detroit), la sua Mosrite, la chitarra ("Che ha servito la nostra rivoluzione culturale", scrive Patti). L’uomo per cui, alla fine, abbiamo Because the night. A iniziare a scrivere la canzone fu Bruce Springsteen che la passò a Patti Smith che la completò. "Era una canzone d’amore e in realtà non ne stavo scrivendo in quel momento. Quella canzone è la grande canzone mancante di Darkness On The Edge of Town. Non avrei mai potuto finirla bene come lei. Patti era nel mezzo della sua relazione con Fred ‘Sonic’ Smith e l’ha scritta e cantata in un modo che è stato semplicemente meraviglioso", raccontò lo stesso Springsteen nel 2010. E non serve aggiungere altro.

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