Martedì 16 Aprile 2024

Il cuore antico (e italiano) dell’aliscafo a idrogeno

Il nuovo portacontainer è l’erede dell’idroplano inventato oltre un secolo fa da Enrico Forlanini, un pioniere dell’aviazione

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di Andrea Cionci

Poche settimane fa, è stato messo in cantiere dall’azienda californiana Boundary Layer Technologies un nuovissimo aliscafo portacontainer. Il suo nome è Argo e l’obiettivo è quello di innovare radicalmente il trasporto merci aereo (e non solo), almeno nelle rotte commerciali intra-asiatiche.

In più, il suo carburante è l’idrogeno verde e garantisce prestazioni di gran lunga superiori in confronto ai mezzi tradizionali, con un’autonomia di 1.500 miglia nautiche (2.780 km). Basti pensare che Argo arriva a 40 nodi (74 kmh): quasi il doppio di una classica nave cargo. C’è da dire che è molto piccolo, con la sua lunghezza di 33,5 metri, ma la capacità di carico da 200 tonnellate è paragonabile a quella di un aereo trasporto B747-400F. Certamente, la sua velocità oggettiva non è paragonabile, ma, grazie alle ridotte dimensioni, si può avvantaggiare enormemente coi tempi logistici: ad esempio, può attraccare in qualsiasi porto riducendo i tempi di sosta a sole due ore, invece dei tre giorni richiesti col trasporto tradizionale, quindi alla fine, tra un aereo cargo e l’aliscafo a idrogeno non correrà molta differenza nei tempi di consegna.

Un’invenzione geniale quella dell’aliscafo, la cui carena con ali portanti sommerse ne consente il sollevamento sopra la superficie dell’acqua: maneggevolezza, stabilità e, soprattutto, velocità con minore consumo energetico. Anche se non lo sa quasi nessuno, tale invenzione è tutta italiana e la si deve al milanese Enrico Forlanini (1848 –1930), fratello del più noto pneumologo Carlo, due volte candidato al Nobel. Ufficiale del Regio Esercito, inventore, pioniere dell’aviazione, ingegnere e imprenditore… Forse una qualifica più consona potrebbe essere quella di “signore del vento e dell’acqua”: la sua formazione fu militare, nel Genio, arma nella quale davvero fiorì il genio italico grazie alle risorse che la forza armata metteva a disposizione delle menti scientifiche più brillanti dell’epoca (per rendersene conto basta visitare il Museo del Genio di Roma).

Non è un caso che, nel 1870, il tenente Enrico Forlanini poté utilizzare le officine del Genio di Casale Monferrato per portare avanti i suoi studi sulle eliche, tanto da inventare il prototipo dell’elicottero. Sette anni più tardi, il primo elicottero metallico dotato di motore si alzerà fino a 13 metri nei Giardini pubblici di Milano compiendo un breve volo controllato, concluso da una lenta discesa.

Forlanini metteva a punto le sue magie in una grande vasca idrodinamica che aveva costruito appositamente, dove sperimentava il comportamento nei fluidi di ali e carene. I suoi studi lo condussero a realizzare l’idroplano, progenitore dell’aliscafo: per la prima volta, un battello riusciva a sollevarsi completamente dall’acqua raggiunta una certa velocità. Un po’ come avveniva per i biplani e i triplani dell’epoca, anche l’idroplano utilizzava un complesso di ali parallele di grandezza decrescente. Con lungimiranza ed esperienza tutta militare, l’inventore guardava all’idroplano anche come a una sorta di “simulatore” ante litteram per i piloti aeronautici: il mezzo avrebbe consentito loro di impratichirsi con la fluidodinamica senza rischi per loro stessi e per i velivoli.

Il primo aliscafo fu varato nel 1905, con motore a scoppio da 70 CV, ma insoddisfatto delle prestazioni, Forlanini adottò un motore a vapore da 25 CV, rimpiazzato, nel 1910, con uno da 100 CV che poteva trasportare sei persone. Le prime dimostrazioni furono sul Lago Maggiore e nel Tirreno, davanti a Fiumicino. Nel 1911, la strada era ormai segnata e l’aliscafo non avrebbe più ripiegato le ali.

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