Il commissario Bordelli, pensionato ma non troppo Il “cold case“ di Vichi è del caldo dopoguerra

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No, non tutto è perduto per il commissario Franco Bordelli perché uno sbirro (e che sbirro) non va mai in pensione. O meglio, ci va formalmente, ma continuerà a indagare da par suo. E stavolta la scommessa (che rimane aperta) di Bordelli è di quelle che non si possono perdere. Perché va risolto l’unico caso che il Nostro non ha sciolto e che risale al 1947: un ragazzo ucciso a coltellate. In quell’anno al giovane Bordelli i “piani alti” ordinarono di lasciar perdere. Si sospettava che fosse una vendetta dei partigiani verso una famiglia schierata coi fascisti e il contesto storico non era dei più adatti a rovistare nelle tragedie della guerra. Ma ora il commissario ha sessant’anni, è in pensione e siamo nel 1970. Ventitré anni dopo è cosa buona e giusta capire che cosa è successo per davvero. E, si sa, la verità non è mai come sembra... Ma a parte la trama poliziesca, sono i sentimenti e i luoghi quelli che convincono il lettore. Nonostante l’affascinante e giovane fidanzata, nonostante le cene con gli amici, nonostante il piccolo appartamento rimesso a nuovo da un amico che una volta faceva il truffatore, nonostante le tante ore (finalmente) libere, è il passato – dolceamaro – che segna la vita quotidiana del Bordelli pensionato. Il quale, da poliziotto vero e umano qual è, sbroglia anche casi delicati. Sullo sfondo, la campagna fiorentina e la città di Firenze, con i suoi viali, le sue piazze, i suoi vicoli, i suoi quartieri. Là, dove si intrecciano storie tristi e storie allegre. Là, dove puoi vedere un paesaggio urbano familiare. Là, dove ti aspetta il fedelissimo cane Blisk e dove la dolcissima e bellissima Eleonora alimenta un amore che riserverà, chissà, epiloghi felici... Il tutto in attesa di conoscere Alba de Céspedes, la scrittrice preferita di Bordelli, magari a Parigi, e di veder pubblicate le poesie dell’amata mamma. Un Vichi decisamente in forma, insomma.

Francesco Ghidetti

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