Mercoledì 24 Aprile 2024

Il caso Yara: un film visto in tutto il mondo

La pellicola di Marco Tullio Giordana che ricostruisce le indagini sull’omicidio della tredicenne domina la top ten internazionale di Netflix

L’attrice Chiara Bono (16 anni) è Yara Gambirasio nel film

L’attrice Chiara Bono (16 anni) è Yara Gambirasio nel film

È la sorpresa di questi giorni. Un film italiano, Yara, che ricostruisce con sommessa sobrietà la tragica vicenda di Yara Gambirasio – la ragazzina di 13 anni scomparsa dopo essere uscita da una palestra di Brembate di Sopra, vicino Bergamo, un giorno di novembre del 2010 e ritrovata morta, in un campo, tre mesi dopo – risulta il più visto in tutto il mondo, fra i film non in lingua inglese disponibili su Netflix.

Fino a poco tempo fa, i dati sul successo delle serie nei singoli paesi non venivano diffusi da Netflix. Da pochi giorni, la piattaforma ha reso pubblici dati dei suoi film più visti in ogni paese del mondo. E Yara è in testa alle classifiche, con diciotto milioni di ore visualizzate nella settimana fra l’8 e il 14 novembre. La cifra corrisponderebbe a dodici milioni di spettatori. E non solo in Italia, ma anche in America latina, in India, nei paesi arabi.

Un successo sorprendente, per un film dal cast tutto italiano, che racconta una storia tutta italiana, quasi sconosciuta all’estero. Un film che non è stato preceduto da un battage pubblicitario martellante, come è accaduto ad altri prodotti. Fino ad ora, il successo internazionale delle nostre fiction era quello di Gomorra e di Suburra. Una serialità a tinte forti: nel caso di Gomorra, la criminalità diventa spettacolo, tragedia greca, visione del mondo. O tutt’al più, il successo negli Usa lo ha raggiunto The Young Pope, firmato da un premio Oscar come Sorrentino, con una superstar come Jude Law, con il Vaticano trasformato in un grottesco sogno felliniano. E allora, cosa ha decretato il successo internazionale di Yara?

"Yara è una gemma nascosta", scrive Sheena Scott sul sito forbes.com, commentando l’exploit del film. "Isabella Ragonese è fantastica nel suo ruolo", echeggia un’altra recensione, che definisce il film uno "slow burner", un’indagine a combustione lenta. Ed è vero. Il regista, Marco Tullio Giordana, premiato per I cento passi e La meglio gioventù, insieme allo sceneggiatore Graziano Diana e al produttore Valsecchi (Taodue insieme a Mediaset: il film andrà in onda prossimamente su Canale 5) sceglie di raccontare una vicenda tanto drammatica abbassando i toni.

Mentre la tv aveva trasformato il delitto di Brembate in un talk show infinito nel quale ognuno diceva la sua, con congetture, ipotesi, colpi di scena, il film di Marco Tullio Giordana procede lineare, raccontando l’indagine di un magistrato ostinato che “inventa“ un metodo di indagine mai realizzato prima, in Italia, partendo dal Dna, il Pm Letizia Ruggeri interpretata da Isabella Ragonese. E cercando di riunire, in un racconto rispettoso del dolore di tanti, sessantamila pagine di verbali. Il contrario di quello che, per anni, ha fatto la tv, inseguendo un sensazionalismo senza fine.

"Affrontare il tema con delicatezza era, per noi, fondamentale", dice Graziano Diana, lo sceneggiatore del film. Autore di molti lavori per il cinema e per la televisione, fra cui l’ultima stagione dei Bastardi di Pizzofalcone e la recente fiction su Carla Fracci, Graziano Diana racconta la lunga gestazione del film su Yara Gambirasio: "Da anni abbiamo lavorato su questo progetto, ma aspettavamo che ci fosse un giudizio finale sulla vicenda. Siamo partiti solo dopo la condanna definitiva emessa nell’ottobre 2018 dalla corte di Cassazione".

"Abbiamo affrontato questa vicenda con estrema attenzione, con estremo pudore, cercando il modo più rispettoso di raccontare gli eventi", dice ancora Graziano Diana. "Ci siamo confrontati con polizia e carabinieri, con i responsabili della Polizia scientifica; abbiamo letto le sessantamila pagine dell’inchiesta, e abbiamo cercato di evitare ogni sensazionalismo".

Polemiche, naturalmente, non ne mancano: del resto, ogni millimetro della vita sociale ne è tappezzato. "Nessuno ci ha contattati: non vedrò comunque il film, sarà sicuramente di parte", dice Claudio Salvagni, avvocato di Massimo Bossetti, condannato per l’omicidio all’ergastolo, con sentenza definita in Cassazione. "Nessuno ci ha contattati", dicono anche i familiari di Yara. Probabilmente, quando lo vedranno, si sentiranno rispettati. Sandra Toffolatti, che interpreta la madre di Yara, è particolarmente toccante nel raccontare lo sgomento, anche senza parole.

 

 

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