Giovedì 12 Settembre 2024
LUCA SCARLINI
Magazine

Il cantafavole: e Calvino scrisse l’opera di Mozart

A Genova la mostra che, nel centenario dello scrittore, esplora la sua passione per la fiaba attraverso l’arte, il teatro e la musica lirica

(traduzione

del testo

di Adam Pollock)

Un’opera incompiuta di Mozart: si intitola Zaide. La biblioteca di Glyndebourne ne aveva una copia ed ero sicuro che George Christie non si sarebbe arrabbiato se la prendevo in prestito. Zaide doveva essere un singspiel, ma il testo non era mai stato scritto, o altrimenti era andato perduto. La trama originale riguardava due giovani occidentali fatti schiavi da un sultano. Invece di aggiungere musica mozartiana, come altri avevano già fatto, mi sono spremuto le meningi per cercare un drammaturgo adeguato che mettesse insieme i due pezzi creando un lavoro valido per la scena. All’inizio ho pensato a uno scrittore che avesse a cuore i diritti umani e la libertà, Edward Bond. Ma il suo stile si sarebbe fuso con l’eleganza di Mozart?

Ci ho ripensato e poi mi è venuta una idea migliore, anche se folle: Italo Calvino, lo scrittore più celebrato in Italia e un camaleonte di invenzioni, le cui opere stratificate avevano già ispirato pittori, scultori e fotografi. In un azzardo gli ho raccontato l’idea mentre eravamo seduti in spiaggia a Roccamare dove ora andavo spesso, invitato da amici comuni. Ho avuto in cambio un sorriso, ma non una risposta, mentre lasciava scorrere la sabbia tra le dita. Chiedevo la luna e non lo conoscevo nemmeno bene, anche se era intervenuto in mio favore con il Comune di Grosseto. Davvero un azzardo. Ma non mi aveva detto di no.

Tornato a Londra mi sono chiesto se la mia ipotesi era fondata. Era da poco uscito il primo LP di Zaide. Ho pensato che se Calvino sentiva la musica di Mozart forse avrebbe funzionato. Mi sono procurato il suo numero di Parigi e ho chiamato per dire che sarei passato in città e che avevo gli LP. Tutto falso, ma immagino che molti impresari abbiano fatto ben di peggio. Ho preso l’aereo per Parigi. Calvino viveva in una bella casa Art Nouveau a Square de Châtillon. Sua moglie mi ha aperto la porta e mi ha accompagnato a un salottino al piano di sopra. Ci siamo seduti sul divano mentre io parlavo dell’opera. È arrivato il caffè. Calvino ha detto che avrebbe ascoltato i dischi.

Nel 1980 giunse il primo invito a un thè dai Calvino, e speravo che avesse a che vedere con Zaide, anche perché avevo paura che lo spettacolo andasse per aria. I Calvino si erano costruiti una casa molto interessante a Roccamare. Le altre erano squadrate, piatte, regolari. La loro invece era costruita intorno a un piccolo spazio vuoto con dentro un pino che si innalzava verso il cielo. Le pareti bianche avevano un miscuglio eclettico di maschere africane, disegni di Steinberg, antichi ricami inglesi e stampe colorate da due penny. Il thè venne servito su un grande tavolo di marmo all’esterno, con vista sui pini.

Era una casa meravigliosa. Invece non era previsto di parlare di Zaide, ma di qualcosa che apparteneva al mio passato. La deliziosa casa a Parigi era stata venduta e al suo posto era stato comprato un attico da ambasciatore nel centro di Roma. Erano stati apportati molti cambiamenti e, come capita, i clienti avevano litigato con il loro decoratore. Il gusto eccellente di Chichita Calvino aveva dei lati inflessibili, e ora lei e Italo cercavano qualcuno che rimettesse a posto quello che per loro era sbagliato. Si ricordavano che in un’altra vita avevo fatto molte cose di quel genere. Il loro nuovo appartamento aveva molte, molte scale di marmo. Oltre alle stanze da letto c’era una stanza grande su ognuno dei due piani. In quella più alta attraverso un grande bovindo, c’era una terrazza meravigliosa, che esplodeva di fiori, che guardava sui tetti, le terrazze e i gazebo di Roma.

Non c’era molto lavoro da fare, ma mi ci sono dedicato, ridisegnando una porta e cambiando il colore alle pareti. Regnava la calma, e dopo qualche giorno Italo mi ha detto che io facevo davvero la differenza. Una mattina era seduto sul pavimento lottando per miscelare una speciale sfumature di verde celadon per l’ingresso, quando arrivò un’ombra sui barattoli di vernice. Calvino era nella luce con una busta in mano. "Credi che vada bene una cosa del genere?". Lanciò la busta sul pavimento. Sulla copertina aveva scritto "per Mr. A. P.".