IL BRUNELLO SEMPRE PIÙ BIO L’EXPORT VOLA

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di Lorenzo Frassoldati

MONTALCINO (Siena)

"Il Brunello è Montalcino e Montalcino è il Brunello", sentenzia il presidente del Consorzio Fabrizio Bindocci, citando una frase di Luigi Veronelli del 1986. Da allora in poi il rosso italiano di alta gamma più venduto all’estero ha macinato primati su primati, forte di una identità territoriale fortissima e di una adesione "senza se e senza ma" al dogma di una qualità del prodotto che non si piega alle mode del momento. Le degustazioni delle annate 2016, 2015 (Riserva) e 2019 (il Rosso) hanno confermato dei millesimi di altissimo livello che lasciano ben sperare dopo l’anno orribile della pandemia.

"Nonostante le difficoltà che tutti conosciamo – spiega Bindocci – siamo riusciti a chiudere molto bene il 2020, ma il vero exploit lo stiamo registrando adesso: nei primi 4 mesi di quest’anno l’incremento sullo stesso periodo dello scorso anno è addirittura del 38%, ma ciò che balza all’occhio è anche il +43% di sigilli di Stato richiesti nel quadrimestre rispetto alla media del triennio 2018-2020". Ma la corsa del Brunello non si ferma qui. "Siamo pronti ad accelerare sui mercati emergenti, Far East in primis, e a consolidare il primato negli Usa e le vendite nel Nord Europa, forti anche di una tendenza bio sempre più evidente, con la metà del vigneto-Brunello certificato o in attesa di certificazione". Si perché se qualcuno aveva dubbi sulla svolta green del vigneto italiano, sappia che la vigna bio a Montalcino sfiora il 50% del totale, con 4 aziende su 10 certificate biologiche o in conversione. Con le due annate a 5 stelle, le giacenze dell’imbottigliato sono infine calate del 40% da luglio 2020 ad aprile 2021, a fronte di una sostanziale stabilità del prodotto sfuso in cantina. Le vendite di Brunello 2016 da metà novembre a oggi hanno sommato 5,7 milioni di fascette consegnate alle 250 imprese di Montalcino, ben oltre la metà dell’intera produzione dell’annata. Ancora più rilevante è la performance della Riserva 2015 che nel primo quadrimestre ha incrementato i volumi sul pari periodo 2020 del 583% e del 95,5% sulla media dell’ultimo triennio. Buone notizie anche dal Rosso di Montalcino (2019 grande annata) , segnalato in crescita di oltre il 7% in questo avvio di stagione e in recupero rispetto all’andamento dell’ultimo triennio (-0,3%). E a imbottigliare a Montalcino sono nel 93% dei casi gli stessi viticoltori. Vino dei record e brand globale, tutelato dall’omonimo Consorzio, il Brunello di Montalcino conta 10 milioni di bottiglie stappate in tutto il mondo ogni anno, con migliaia di referenze nelle liste dei migliori ristoranti da Singapore a New York, passando per Las Vegas fino a Toronto. Nelle carte dei ristoranti a New York è risultato terzo tra le grandi denominazioni rosse (ricerca WineMonitor) con un prezzo medio di 382 dollari a bottiglia per quasi 2.000 referenze.

Un vino dei primati, così come il suo territorio di provenienza. Qui vale l’equazione vino-territorio. A Montalcino è nato il fenomeno dell’enoturismo Italia, con la prima Enoteca pubblica d’Italia e la prima cantina (Fattoria dei Barbi) che aprì le porte al pubblico per visite e degustazioni nel 1948. Oggi i ‘pellegrini’ del Brunello sono quasi 200mila all’anno (ante Covid) con oltre 75mila arrivi e il 72% di stranieri. Anche da Montalcino vuole ripartire.

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