Giovedì 25 Aprile 2024

Il banchiere umanista e crociano L’omaggio di Mattioli al filosofo

Metti assieme l’ultimo grande filosofo italiano, e un banchiere che guardava ai numeri, certo, ma con gli occhi della filosofia, della storia, della cultura. Metti assieme Raffaele Mattioli, il banchiere umanista che parla di Benedetto Croce, il padre del pensiero liberale italiano, e non solo, e nasce una lezione che affonda in un passato neppure troppo lontano (Mattioli morì nel 1973) ma proietta il suo insegmamento nel futuro, senza limiti. Tre scritti di Mattioli su Croce, interventi svolti in occasione diverse, dal Rotary di Milano all’Istituto italiano di cultura a Parigi, ovviamente in francese, che Nino Arango editore ha raccolto e proposto in una recente riedizione (Fedeltà a Croce, con una nota cura di Fracesca Pino). Pagine da centellinare che l’editore ha voluto dedicare in una sorta di triangolazione spirituale, ad Antonio Patuelli, Presidente dell’Abi, "alto erede di cultura e di banca", figura di sintesi tra la passione per le libertà, l’umanesimo e la finanza, a sua volta custode della "spiritualità della attivita economica" riconosciuta da Croce, con una conoscenza profonda della Storia, elemento centrale nel pensiero del grande filosofo. Mattioli e Croce è anche il racconto di una antica amicizia, di reciproci riconoscimenti. Non a caso Croce dedicò all’amico banchiere la sua ultima opera del 1952, Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici.

Non a caso Mattioli ricorda un aneddoto che racchiude la grandezza e l’insegnamento (ora perlopiù inascoltato) dell’amato “Don Benedetto “. "Una volta – ricorda Mattioli – si presentò da lui un giovane professore di filosofia del diritto, Alessandro Levi, cui egli fece al solito le più cordiali accoglienze. Celiando, il professor Levi gli disse: “Eppure io, don Bendetto, per voi non dovrei neppure esistere. Sono cultore di una disciplina cui negate la legittimità . Sono positivista, e voi dite che il positivismo è superato e sepolto. Sono socialista, e voi proclamate la morte del socialismo“. Sorrise don Bendetto e replicò: “Ma voi esistete come individuo, caro Levi, e siete tanto una brava persona“".

Gabriele Canè

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