Achille Lauro torna a Sanremo. "I travestimenti? La musica è una messa in scena"

"Cambio in continuazione d’aspetto perché voglio andare oltre la comfort zone. So di essere divisivo"

Achille Lauro, 31 anni, in gara a Sanremo: il Festival prende il via il 1° febbraio

Achille Lauro, 31 anni, in gara a Sanremo: il Festival prende il via il 1° febbraio

"Non è la competizione che mi interessa, ma utilizzare Sanremo come una vetrina. Una trasmissione nella quale ho i miei 4 minuti per cinque sere per far arrivare la mia creatività, per portare qualcosa che nessuno ha mai fatto. Per me la musica si guarda, si percepisce, è un mondo che spazia ovunque": Achille Lauro, che con Domenica torna in gara per la terza volta all’Ariston, non ha la minima incertezza sulla potenza evocativa del suo lavoro.

I suoi "quadri", i suoi trucchi, i suoi costumi hanno stupito e sono diventati un segno distintivo della sua opera. Quali nuovi travestimenti dobbiamo aspettarci all’Ariston?

"È riduttivo parlare di travestimenti. Per me è una messa in scena della canzone stessa e una mia proiezione. Cerco sempre di andare oltre, che non vuol dire trasgredire, ma fare sempre qualcosa di diverso e di più, per non ripetersi e ristagnare nella propria zona di comfort. In questo senso – dice scherzando –, sono anni che cerco di distruggere la mia carriera, ma ancora non ci sono riuscito. Sono divisivo e credo che questa sia la mia forza". Non a caso paragona la sua musica all’Urlo di Munch. E lo fa con la stessa nonchalance con cui annuncia un concerto-evento nel mondo del metaverso e del gaming, o ancora, quando presenta un tour estivo con tanto di orchestra al via a fine maggio da Roma. Mentre con Sanremo uscirà Lauro - Achille Idol Superstar, riedizione con 7 inediti della sua ultima fatica in studio.

Arte come distruzione?

"L’arte non è arte se non suscita qualcosa, se non smuove qualcosa, se non divide. E non parlo di ciò che faccio io, sarebbe presuntuoso, ma qualunque gesto che ha un fine di smuovere qualcosa è un gesto nobile. E gli artisti hanno più opportunità di farlo".

Perché, fra le nuove canzoni, ha proposto ad Amadeus proprio Domenica?

"Posto che come detto la competizione non mi intetessa, mi sono chiesto: se vincessi con quale immagine vorrei provare a farmi conoscere all’estero? Un brano uptempo o una ballad più tipicamente legata ad un paese cantautorale come il nostro? Domenica è un pezzo che può sembrare leggero, ma dal vivo diventa ultra-punk".

Cos’è per lei la domenica?

"È il giorno in cui ognuno sceglie chi essere, cosa essere. Sono profondamente credente e quindi per me ha pure il senso religioso. Ma sul palco è tutto spettacolo".

Sanremo è una liturgia.

"Col pensiero ai sacramenti direi che ho avuto il battesimo con Rolls Royce, l’eucarestia con Me ne frego, la confessione col ruolo di superospite. Ora aggiungo il ringraziamento con l’Harlem Gospel Choir, uno dei più importanti gruppi vocali d’Americagospel di Domenica".

Con quattro edizioni consecutive non ha paura di diventare "quello di Sanremo"?

"La verità? Di Sanremo mi piacerebbe regalarmene pure un quinto. Ma da direttore artistico, se me lo permettessero".

Le piacerebbe essere autore per altri?

"Sì, soprattutto per signore. Un nome? Mina".