Mercoledì 24 Aprile 2024

I trapper so' pezzi 'e core: (ri)canta Napoli

La musica partenopea torna prepotentemente in classifica. Con una generazione rap che raccoglie l’eredità della sceneggiata di Merola

Mario Merola (1934 – 2006), il "re" della sceneggiata napoletana

Mario Merola (1934 – 2006), il "re" della sceneggiata napoletana

Canta Napoli. Dopo la sceneggiata, il movimento Neapolitan Power, i neomelodici, tocca ora ai musicisti trap tenere banco, contribuendo a una trama di successo che dura da oltre mezzo secolo.

A ben vedere l’affermazione di Gigi D’Alessio suona come una conferma. "Vedere che le canzoni in lingua napoletana arrivano ai primi posti in classifica è una grande soddisfazione. Prima quando si ascoltavano le canzoni napoletane alla radio si abbassava il volume, adesso invece no, si alza. Questa per me è una grande vittoria", dice l’autore dell’album Buongiorno.

Si assiste, infatti, all’irrompere di giovani talenti, alcuni dei quali sconosciuti fino a qualche mese fa. Occupano nuovi spazi, le loro hit sono ascoltate in tutt’Italia, scalano le classifiche pure se a volte non ci si ricorda il nome del cantante. Sono tanti, una folla: Clementino, Rocco Hunt (triplo disco di platino quest’estate), Luchè, Vale Lambo, Morderup, Nicola Siciliano, Lele Blade, Livio Cori, Samuray Jay, Peppe Soks , Capo Plaza , Priore, Vincenzo Bles , Liberato, Skarraphone, Enzo Dong, Geolier e Lucariello (colonna sonora di Gomorra).

La loro non è una strada isolata. In modo accidentato e polveroso, il loro percorso si interseca con tutto quello che c’è stato prima, fino alla sceneggiata di Mario Merola. Ecco cosa si legge su uno dei siti più letti del mondo trap: "A Napoli la trap si diffonde in modo atipico e diventa un mezzo rapido e immediato di esprimere le mancanze, le esigenze e, soprattutto, la pericolosità dei quartieri di periferia. Ed è proprio per questo che i più noti trapper sono di Secondigliano e Scampia. La trap napoletana non è legata alla moda del momento ma ha radici molto più profonde. È figlia del genere neomelodico e della sceneggiata napoletana di Mario Merola. Sono stati i Co’ Sang, ex duo formato da Luchè e ‘Nto, all’inizio del 2000, ad inaugurare il nuovo genere".

La sceneggiata come i film di Merola anni Settanta e primi Ottanta diventati dei “cult” anche per le nuove generazioni: L’ultimo guappo, Zappatore, Carcerato, Lacrime napulitane, I figli... so’ pezzi ‘e core. Basta poi ascoltare Narcos di Geolier per capire che è l’evoluzione in chiave rap di Guapparia. Per non parlare delle atmosfere sorde di Surdat di Livio Gori che somigliano a ’O capobanda di Pino Mauro, altro mammasantissima della sceneggiata.

I trapper sono l’ultimo vagone di un treno musicale napoletano, la cui “rifondazione” – dopo il classico repertorio di Sergio Bruni, Nunzio Gallo, Luciano Rondinella e Roberto Murolo – ha una data ben precisa: 1970 con l’irrompere sula scena degli Showman, gruppo rhythm & blues, con due fuoriclasse come Mario Musella e James Senese. Dal suo scioglimento nascono band come gli Osanna e soprattutto Napoli Centrale, dentro cui fa sentire i rimi vagiti Pino Daniele. Arrivano poi i fratelli Bennato, Edoardo De Crescenzo, Tullio de Piscopo, Enzo Avitabile, Tony Esposito, Alan Sorrenti, Rino Zurzolo fino a Gigi D’Alessio.

"I musicisti del Neapolitan Power recuperano il volgare, il folclore, il sincretico per squadernare lo spazio identitario da elementi nocivi quali la chiusura nel vicolo cieco delle concezioni duali: moderno-arretrato, sviluppo-sottosviluppo", scrive il sociologo e antropologo Ian Chambers nel saggio Mediterraneo blues. Musiche, malinconia postcoloniale.

Il Neapolitan Power è una fucina di artisti e idee che traghetta la città e il suo bagaglio millenario di storia dentro l’epoca contemporanea. Quel sound crea una evidente frattura con la tradizione melodica del passato, ma non la rinnega del tutto e apre le porte ai millennials.

I trapper hanno successo perché affermano una diversità di linguaggi, raccontano la strada, le periferie-ghetto, danno nuovo significato alle identità subalterne. "Sono uno che l’hip hop l’ha tolto dalla malavita", riferisce Geolier in un’intervista. "Vivo nel rione Don Guanella a Secondigliano. Con la mia musica ho dimostrato che si può nascere in questi quartieri e non fare lo spacciatore" aggiunge Enzo Dong, acronimo di “Dove Ognuno Nasce Giudicato”.

 

 

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