I due Lucio. E il grande sogno di un tour insieme

Ottant’anni fa nascevano Dalla e Battisti. Quella volta che il genio bolognese cercò di convincere il collega superstar a collaborare dal vivo

Lucio Battisti (sx) e Lucio Dalla

Lucio Battisti (sx) e Lucio Dalla

E par quasi di vederli, Lucio&Lucio, seduti allo stesso tavolo per i loro ottant’anni. Ne avrebbero avute di storie da raccontarsi, perché in Italia senza l’uno e senza l’altro la canzonetta non si sarebbe fatta arte, la musica leggera non si sarebbe trasformata in autentica cultura popolare. Del resto, Lucio Battisti e Lucio Dalla al ristorante ci andarono davvero, insieme, per discutere di un progetto che chissà quali prodigi in melodia avrebbe potuto regalare. Fu il menestrello bolognese, l’uomo di Piazza Grande e di Stella di mare, a confidare la suggestione di un incontro poi purtroppo non tradottosi in incrocio sentimentalmente creativo.

Siamo sul finire degli anni Ottanta. Il Lucio di Poggio Bustone ha ormai metabolizzato l’addio a Mogol. Continua a sfornare dischi, in media uno ogni due anni, percorrendo sentieri narrativi non paragonabili al glorioso passato di re della Hit Parade. Da Il mio canto libero è passato a brani intitolati Però il rinoceronte ha il freno a mano. Dai lirismi di Mogol alla prosa tortuosa di Pasquale Panella: un viaggio senza ritorno. Dalla invece la sua rivoluzione l’aveva fatta più di dieci anni prima, quando da interprete era diventato cantautore. E forse nessuno meglio di lui aveva intuito le contraddizioni disperate di una Italia in tumulto: ascoltare L’anno che verrà e Futura per credere. In mezzo, il Lucio di Bologna aveva praticato la contaminazione. Un tour con Francesco De Gregori, poi un album e un altro tour con Gianni Morandi. Due trionfi, ovviamente.

"Allora mi è venuta una idea – raccontò Dalla – Battisti non si esibiva in pubblico dai giorni dei concerti con la Formula Tre, roba dei primi anni ’70. Pensai fosse venuto il momento di sottrarlo all’isolamento…". "Lui fu molto gentile. Accettò l’invito al ristorante e dopo aver parlato del passato gli esposi cosa mi frullava per la testa. Un grande show itinerante, si sarebbe chiamato I due Lucio. Io avrei interpretato i suoi pezzi, lui i miei. Ci saremmo mischiati artisticamente e magari avremmo anche potuto scrivere qualcosa assieme…". "Mi ascoltò con attenzione, per un attimo sperai di averlo convinto. Ma alla fine, con grande garbo, mi rispose che non era il caso. Sai, mi spiegò, ormai io faccio cose diverse, mi piace sperimentare, innovare, proporre qualcosa di alternativo…".

Si lasciarono da amici, Lucio&Lucio. Nella consapevolezza, infine comune, che il Tempo li aveva indirizzati su rotte distinte e distanti. Dalla aveva la necessità quasi fisica di suonare in pubblico, davanti alla gente, per la gente. Non era un piacione, non desiderava esserlo: ma adorava il jazz e il jazz è una cosa che devi condividere, magari con poca gente, in un piccolo ristorante pieno di fumo, purché ci sia qualcuno in ascolto. Battisti no, Battisti in gioventù avrebbe potuto monetizzare con oceaniche adunate di folla il suo irresistibile talento. Invece si era chiamato fuori, era Presente nella Assenza. Nella società 4.0 verrebbe definito virtuale, l’ologramma di se stesso. Ma era vero, reale come pochissimi, strepitosamente sincero nell’alimentare i versi di Mogol: canzoni come Il tempo di morire, Innocenti evasioni o Due mondi suonano ancora oggi modernissime. Due mondi, ecco. Gli universi paralleli di Lucio&Lucio, così vicini per estro e per originalità ma destinati a sfiorarsi soltanto, a non congiungersi mai. Peccato, eh. Chissà cosa avrebbero generato, insieme. Eppure, in fondo è stato giusto così.

 

 

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