I BRINDISI DI GARIBALDI COL MALVASIA DI SALA BAGANZA

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A distanza di quasi un secolo e mezzo dalla scomparsa di Giuseppe Garibaldi scopriamo che non era del tutto astemio come si crede. Il generale amava una cucina semplice, fatta di cacciagione e pesce dell’isola e di frutti della terra cucinati con le ricette di Caprera, Nizza, della costa ligure. Tra i piatti più amati, il minestrone col pesto, lo stoccafisso alla genovese, il baccalà in brandade, il churrasco alla brace. E per quanto attiene alle bevande, the, mate, orzata ma anche Claret, una blanda mistura a base di vino bianco secco, da offrire a chi giungeva sull’isola. Garibaldi intrattenne sempre corrispondenze con intellettuali come Hugo, Dumas, Dostoevskij, Dickens, Carducci, Manzoni, Pascoli, che non di rado lo incontrarono a Caprera. Tra le poche bottiglie di cui si ha memoria qualche vino della Maddalena, il Vermentino e naturalmente il Marsala dolce, assaggiato nella cittadina siciliana nel 1862. Ma poi Giancarlo Gonizzi, curatore della Biblioteca Gastronomica dell’Accademia Barilla, scova un intrigante faldone che getta nuova luce. Uno scambio di corrispondenza conservato al Museo del Vino di Sala Baganza, che contiene le prove di un inaspettato gradimento del generale Garibaldi verso il vino Malvasia. Nelle lettere si fa riferimento al soggiorno del condottiero nel 1861 presso la villa di Sala Baganza della marchesa Teresa Trecchi-Araldi, sorella di Gaspare Trecchi, Intendente di re Vittorio Emanuele II° e colonnello tra i Mille di Marsala, colui che senza farne parola a Cavour aveva il compito di riferire al re gli spostamenti del generale. Di ritorno dall’impresa dei Mille, Garibaldi arriva nel piccolo paese in provincia di Parma, accolto dalla banda del paese, dal parroco, sindaco e tanta folla. Vi rimarrà tre giorni accalmato e ammirato. Garibaldi dimostrerà un inatteso apprezzamento per la fresca e frizzante Malvasia delle vigne di Maiatico, tanto che la marchesa gliene spedirà alcuni tralci a Caprera. I progressi del vigneto piantato sulla sassosa isola, produrranno uva e vino sopraffino e saranno una buona scusa per intrattenere il fitto carteggio con l’affascinante nobildonna parmigiana per ben dieci anni.

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