Boldi: "Ho inventato io Striscia, ora è noiosa. Che peccato aver detto no alla Disney"

L’attore, 76 anni, si racconta: proposi a Ricci il primo tg satirico, vorrei solo che riconoscesse che è stata una mia idea. "Al Derby conobbi Jannacci, che era medico. Presi la pleurite, mi curò lui. Potevo andare in America, De Laurentiis me lo sconsigliò"

Massimo Boldi, 76 anni

Massimo Boldi, 76 anni

"Striscia la notizia l’ho inventata io, dieci anni prima che la facesse Ricci. Dopo aver visto su Telereporter un tizio che trasmetteva un tg parlando soltanto di quello che avveniva alla Comasina, scrissi il testo di un tg divertente. Lo feci al Derby, poi ad Antenna 3, poi a Risatissima su Canale 5, con l’aiuto di Zuzzurro e Gaspare. Non era qualcosa di simile a quello che avevano già fatto Alighiero Noschese o Walter Chiari: loro imitavano i giornalisti veri. Io invece facevo un tg comico. Siamo al 1978-’79. Dopo il Fantastico con Celentano, per rientrare a Canale 5, Berlusconi mi affidò ad Antonio Ricci. Gli propongo l’idea del telegiornale e lui mi risponde: ‘Belìn, ancora il telegiornale, sono 10 anni che lo fai! È una rottura di scatole’. Due anni dopo, mentre sono a Grand Hotel, un pomeriggio vengono Zuzzurro e Gaspare e mi sussurrano: ‘Ma lo sai che D’Angelo e Greggio stanno facendo le prove per un tg comico?’ Allora mi incavolo e chiamo Silvio – allora lo chiamavi direttamente – e gli racconto tutto. ‘Ma sì’, risponde lui, ‘lo fanno per tre mesi, lasciamoli divertire’. E invece è trent’anni che vanno avanti! Mi piacerebbe che almeno fosse scritto: ‘Da un’idea di Massimo Boldi’".

Come giudica la Striscia di oggi?

"Mi annoia. Ormai è un programma costruito sui filmati o le segnalazioni della gente. La prima Striscia era un’altra cosa. Identica a quello che facevo io a Risatissima".

In questi anni la comicità è cambiata. Pio e Amedeo hanno osato fare una comicità politicamente scorretta...

"Sono due personaggi necessari, se vuoi emergere devi essere diverso. Hanno avuto il coraggio – e con loro chi glielo ha consentito – di andare controcorrente".

Che ne pensa dei comici che vengono dal web?

"Mi fa molto ridere Stefano Musazzi, lo metterei volentieri in un film, potrebbe prendere il posto del compianto Guido Nicheli. Gli passo la fiaccola e gli dico vai avanti te".

Lei è nato al Derby, leggendario locale culla del cabaret milanese, dove si esibirono Enzo Jannacci, Gaber, Fo, Villaggio, Abatantuono...

"Con Jannacci ero amico amico amico. Una volta presi la pleurite. Enzo come medico faceva il tirocinio all’ospedale Maggiore, vicino a casa mia. Quando finiva il turno veniva da noi, e mia moglie gli preparava la pastasciutta che lui mangiava sempre col pane. E mentre io ero a letto con la febbre altissima, sette battiti al minuto, lui sghignazzava serafico con mia moglie...".

Però l’ha guarita...

"Eh no, per guarire sono dovuto andare in ospedale!".

Al Derby c’erano anche Teo Teocoli, Cochi e Renato, Walter Valdi...

"... e Bruno Lauzi, capace di scherzare anche in condizioni drammatiche. Quando si ammalò di Parkinson aveva le mani che gli tremavano. Ma riusciva a ridere lo stesso: ‘Non è il tremore delle mani che mi dà fastidio’, diceva, ‘quanto il fatto che le foto mi vengono tutte mosse’".

Nel 1987 ci fu la grande parentesi con Celentano a Fantastico. Ricorda un episodio particolare?

"Rammento la sera in cui scrisse sulla lavagna ‘La caccia e contro l’amore’, senza l’accento. Quello che nessuno sa è che, finita la puntata, fuori dal Delle Vittorie c’erano duecento cacciatori armati di doppietta che ci aspettavano. Fummo costretti ad attendere che il teatro si svuotasse, poi andammo via su un furgone blindato della Celere...".

Una tv che è scomparsa...

"Sono dieci anni che la tv è invasa da programmi che non sono programmi, come Il Grande Fratello. Io non entrerei mai in quella Casa. Manca l’arte di fare tv. Tutto è iniziato con Fiorello e il Karaoke. Quando lo vidi per la prima volta, dissi: è finita l’era degli artisti, adesso i protagonisti sono il pubblico. Non costano niente e fanno spettacolo".

Quarant’anni fa lei guadagnava cifre notevoli con il cinema...

"Yuppies è stato il mio primo film con De Laurentiis, presi 300 milioni di lire. Dopo Fratelli d’Italia, nell’89, De Laurentiis fece un contratto a me e Christian De Sica per 500 milioni a film".

Lei ha detto che molti le consigliano di prendersi una donna della sua età, 76 anni, ma lei risponde che non vuole una donna coetanea, preferisce quelle tra i 30 e i 40...

"Sono vedovo, non riesco a stare da solo. Vorrei una persona che mi stesse vicino. Però non mi piace neanche mettermi accanto una signora coetanea. Sono un po’ come Chaplin".

Che voto dà alla sua carriera?

"Nove meno. Il meno perché avrei potuto accettare la proposta che mi fece a suo tempo la Walt Disney, In Vacanze di Natale 95 recitavo con Luke Perry, gestito dalla Disney. La responsabile della casa di produzione venne a chiedermi se volevo essere rappresentato da loro in America. Le risposi ‘I don’t know speak english’, lei mi disse ‘Non vogliamo la sua voce, vogliamo la sua faccia’. Ma De Laurentiis mi scoraggiò: ‘Ma che ca... vai a fare in America, ma che stai a scherza’...’ Un’occasione persa".

Il cinema è fermo, tutto il mondo dello spettacolo langue...

"Anche i grandi attori come Gassman, Sordi, Tognazzi, dopo una vita di lavoro non si sono trovati in mano niente. Non servi più, vieni cancellato, sparisci. In altri Paesi non è così: Charles Aznavour ha tenuto l’ultimo concerto un mese e mezzo prima di morire. Io ho fatto 70 film ma, arrivato a questo punto della mia carriera, economicamente non mi resta niente. Un Paese dovrebbe avere rispetto e riconoscenza per i propri artisti, ma in Italia non accade. Non è un mestiere che cala piano piano: c’è un momento in cui sei Gesù e un giorno in cui nell’elenco telefonico delle produzioni sparisci. Non è giusto".

 

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