Lunedì 22 Aprile 2024

Ho avuto maestre di ferro

Giuditta Vasile da giovedì sarà nei cinema con ’Koza nostra’, un’altra storia siciliana come ’Stranizza d’amuri’ e il suo ’Nica’

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Non basta insegnare per diventare dei maestri. Giuditta Vasile è l’esempio vivente di quale imprinting possano essere capaci figure divenute fondamentali per la sua formazione d’attrice, ma anche per la crescita della sua persona. A trentun anni, può annoverarne ben due: Gisella Burinato, scovata quando era ancora un’adolescente sognatrice all’inseguimento di un’embrionale e informe vocazione, poi Emma Dante, nella sua Palermo, colei a cui deve la ’coscienza attoriale’.

Che ruolo hanno avuto nella vita della Giuditta di oggi?

"Gisella tuttora mi segue e con lei mi alleno. E dire che l’ho trovata per caso navigando nel web. Smanettavo in internet per cercare un insegnante di recitazione fuori Palermo e ho trovato questo nome di cui non sapevo nulla, nemmeno che fosse stata la moglie di Marco Bellocchio. Ero una quindicenne tirata su in una famiglia amante del teatro e dei musei che mi hanno sempre fatto frequentare. Nulla più. Ma ebbi il coraggio di chiamarla e mi disse di salire a Roma una volta finita la quarta liceo che frequentavo. Rimasi un mese e fu lì che decisi di fare l’attrice".

Invece Emma Dante?

"Lei è venuta dopo e mi ha trasmesso la sua idea di regia, il suo modo di fare teatro. È una donna molto tosta che mi ha posto un dilemma: faccio o non faccio l’attrice? Perchè per lei era imprescindibile non essere una persona superficiale e quindi mi ha costretto a maturare una coscienza attoriale".

La Sicilia è rimasta organica alla sua carriera...

"In effetti anche l’ultimo film, Stranizza d’amuri in uscita dopo l’estate, il primo film da regista di Giuseppe Fiorello, è stato totalmente girato in Sicilia. La trama riprende in maniera romanzata il dramma del duplice omicidio dei fidanzati di Giarre, una vicenda ancora oscura risalente al 1980 che portò alla fondazione del primo circolo ArciGay e il cui processo è appena ripreso. Io sono Isabella Scalia, la sorella disonorata di Mino, una delle due vittime. Una donna, incinta per la seconda volta di un figlio che non ha un padre, da sempre emarginata in una famiglia che adora solo il maschio, salvo poi rendersi conto che non era l’uomo che avevano immaginato, e che quindi viene rivalutata a posteriori e si prende una sua piccola rivincita".

Tutt’altro tenore nell’altra narrazione isolana di ’Koza nostra’ che invece uscirà giovedì, opera prima di Giovanni Dota...

"Qui siamo sul terreno della commedia, anche se le dinamiche familiari sono sempre centrali. In questo caso un’ucraina, interpretata da Irma Vitovska, arriva in Italia dove già abita la figlia che però la caccia di casa e allora lei va a fare la domestica in un nucleo di mafiosi: tre figli maschi cresciuti senza la madre morta precocemente e con un padre in carcere e io che sono l’unica sorella, ancora senza un marito ma con un figlio a carico".

Irma vive a Kiev. Vi sentite?

"È anche venuta in Italia a fine aprile per la presentazione del film. Lei in patria è una diva e ci ha mandato foto dal bunker nel quale si è rinchiusa".

La Giuditta privata che persona è?

"Una persona totalmente concentrata sul lavoro, che non vuole etichettarsi solo come attrice e ringrazia ancora una volta Emma Dante per i suoi corsi di drammaturgia scenica".

Si sente di incarnare pienamente i valori della sua generazione?

"Intorno a me ho coetanei, amici attori ma non solo, che hanno il mio stesso culto dello studio e della fatica come strada per l’affermazione professionale".

Eppure vivete in una società schiava dell’immagine...

"I social hanno reso centrale l’immagine ma non sopporterei di lavorare solo perché ho dei followers. Non mi interessa proprio, meglio allora zappare serenamente la terra".

Si sente una palermitana a Roma o una romana a Palermo?

"Entrambe, nel senso che ho un legame fortissimo e viscerale con la mia città, sono inebriata dai suoi odori, dal mare, solo lì posso costruire storie e personaggi, ma ho anche un impellente bisogno di scappare dopo un po’ che ci sto. E lo stesso posso dire di Roma. Non sono per nulla stanziale".

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