Giovedì 25 Aprile 2024

Hitler all’alba a Parigi: le foto di tre ore storiche

Donate alla Biblioteca nazionale di Francia venti immagini scattate il 23 giugno 1940. Un blitz fra i monumenti nella capitale deserta

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di Roberto

Giardina

Hitler in Paradiso. La visita del Führer a Parigi appena conquistata entusiasma i tedeschi che arrivano a citare lo scrittore francese Jules Renard: aggiungete due lettere a Paris e vi trovate in Paradis. In tedesco diventano tre lettere, Paradies, ma non importa. La Francia è sconfitta, presto lo sarà la Gran Bretagna. La guerra non sarà sanguinosa. Venti rare foto, alcune inedite, della visita di Hitler il 23 giugno del 1940, sono state donate dall’editore britannico Charles Chadwyck-Healey alla Biblioteca nazionale di Francia. Furono scattate dal fotografo personale del Führer Heinrich Hoffmann, che dal 1924 aveva l’esclusiva su tutte le immagini del Führer, e guadagnò una fortuna.

Fu lui a presentargli Eva Braun, che era assistente nel suo studio nella Schelling Straße a Monaco, accanto all’Osteria Italiana, dove Hitler andava a gustare gli spaghetti al pomodoro. Le foto vennero pubblicate nel libro Hitler in Westen, donato agli accompagnatori del Führer, in quel breve giro per Parigi. Sono sorprendenti perché non mostrano il capo del III Reich in pose militaresche da conquistatore: indossa un mantello grigio, è in gruppo, perfino in disparte.

Martin Bormann, che fu al fianco del Führer fino agli ultimi giorni, riporta nel diario la data e le ore precise al minuto, domenica 23 giugno, all’alba. Il giorno prima a quindici chilometri da Compiègne, in una radura nel bosco, è stata firmata la resa. Qui, per due volte, si pose fine alle guerre del XX secolo, e la pace illusoria portò ad altri conflitti e massacri. In un vagone ristorante della Wagon-Lits, il numero 2419 D, uscito dalle officine di Saint Denis, un simbolo della Belle Époque, l’11 novembre del 1918 si firmò l’armistizio con la Germania: le condizioni imposte furono esose, provocarono la tragica inflazione degli anni Venti, e spianarono la strada a Hitler. Una vendetta per la sconfitta del 1870.

Il vagone finì al Musée de l’Armé a Parigi. Ventidue anni dopo, un’altra rivincita. Hitler volle che la resa fosse firmata a Compiègne, su quel salon restaurant recuperato dal museo. Il generale Wilhelm Keitel e il generale Charles Untziger firmarono alle 18 e 50 minuti del 22 giugno. Il Führer amava i simboli, e come un imperatore romano volle che il vagone, preda di guerra, sfilasse sotto la Porta di Brandeburgo a Berlino, trasformata in Arco di Trionfo. Poi il vagone finì in Turingia a Grawinkel, non lontano da Gotha, su un binario morto. Nel ’44, quando gli alleati erano a poche miglia, venne dato alle fiamme dalle SS.

Il 10 giugno del ’40 è entrata in guerra l’Italia di Mussolini, il giorno dopo aerei italiani hanno bombardato Malta. Parigi è stata conquistata venerdì 14 giugno, e quel giorno i primi deportati sono giunti a Auschwitz. Sabato è caduta Verdun, nella Grande Guerra vi morirono in 300mila persone, la più sanguinosa battaglia della storia. Il presidente Franklin Delano Rooselvet annuncia che gli Stati Uniti non entreranno in guerra, Hitler potrà conquistare l’Europa.

Il trattato obbliga i francesi a consegnare tutti gli esuli fuggiti dal III Reich, che cercano di fuggire nuovamente, verso la Spagna e il Portogallo. Lo scrittore Walter Benjamin si toglie la vita.

Sembra incredibile, ma si fece confusione sulla data della visita lampo a Parigi. Come è possibile? si chiede lo storico Cédric Gruat nel saggio Hitler in Paris. Albert Speer, l’architetto del Führer, scrive nelle memorie che la visita avvenne il 28 giugno, e con lui è d’accordo Nicolaus von Below, funzionario alla Cancelleria; Alber Giesler, architetto rivale di Speer, riporta il 24. Harald Sandner ha riportato tuti gli spostamenti di Hitler dalla nascita alla morte, in quattro volumi, e spiega che dell’equivoco sono responsabili le foto. Molte hanno date sbagliate poste dai fotografi al momento dello sviluppo. Hitler decollò da Gros Caillou in Belgio alle 5 e 5, su un Condor: il volo fino all’aeroporto di Le Bourget distante 180 chilometri durò 35 minuti. Hitler salì su una Mercedes Cabriolet e entrò nella capitale dalla Porte de la Villette, all’alba, Parigi deserta era spettrale. Proseguì per Avenue de Flandres, poi lungo Rue La Fayette. Avrebbe potuto sfilare alla testa di una parata per gli Champs Elysées e passare sotto l’Arco di Trionfo, ma preferì presentarsi come un amante d’arte, quasi da turista. Lo riconosce esterefatta una venditrice di pesce al mercato de Les Halles che sta aprendo il suo chiosco: "Le diable", esclama.

Ha scelto come prima tappa il Teatro dell’Opera, progettato da Charles Garnier. E allontana la guida Théodor Pierre, lui non ha bisogno di spiegazioni. Al suo fianco vuole Speer, e lo scultore che ama, Arno Breker. Si cambia, il mantello di cuoio è troppo pesante e caldo, e indossa un leggero mantello in gabardine. Va per pochi minuti alla vicina chiesa de la Madeleine, e continua diretto al Trocadero e all’Esplanade. È voluto venire quasi in privato, ma non dimentica la storia: si reca alla tomba in granito di Napoleone. L’imperatore a Berlino nel 1806 volle rendere omaggio alla tomba di Federico II. Hitler si paragona a Bonaparte e al re di Prussia. La visita continua fino a Montmartre, e al Sacro Cuore. Per qualche minuto il Führer osserva Parigi ai suoi piedi, poi torna a Le Bourget. La visita è durata tre ore.

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