Mercoledì 24 Aprile 2024

Ha vestito le donne di sogni e metallo Addio Paco Rabanne, il visionario

Migration

di Eva

Desiderio

Riusciva a stupire sempre. Perché la sua era pura poesia di moda, moderna, acuta, estrema, provocatoria, futurista in quegli anni Settanta in cui tutto nel mondo stava cambiando, perfino l’epopea dello stile contemporaneo perché finivano le mollezze della couture e avanzavano le avanguardie dell’hippy, del minimal, della democrazia del vestire. Lui di democratico non ha mai creato nulla perché i suoi vestiti erano corazze metalliche di seduzione, abiti ricamati ma in rhodoid, sottovesti di carta coi catarifrangenti, modelli di caucciù plissettato, cuciti con ganci di acciaio e chiusi con le pinze.

Ago e filo non appartenevano all’universo incandescente e magmatico di Paco Rabanne scomparso ieri a Portsall, in Bretagna, Francia, a 88 anni, appartenente a quegli artisti dello stile che sono una categoria infinita quanto ormai latitante. Nato nei Paesi Baschi Francisco Rabaneda Cuervo era figlio di un ufficiale spagnolo e di una premiere nell’atelier a Parigi di Cristobal Balenciaga dove la famiglia si era rifugiata dopo l’uccisione del padre durante la guerra civile spagnola. Qui gli studi in architettura e la lezione di bellezza delle petite main materne che non lo hanno incantato con lo chiffon ma con i puzzle di metallo, con le corazze sensuali e estreme intorno al corpo bello di Jane Fonda in Barbarella (1968), o di Audrey Hepburn. A Parigi in quegli anni ’60 che scatenano la rivoluzione dei giovani Rabanne sembra anche lui un marziano perché aborrisce le sete e gli sfarzi del languore couture e spara prima bijoux e poi vestiti solo all’apparenza poco femminili ma pieni di una carica vitale che anche oggi sembra non aver fine. Come l’arte di Lucio Fontana anche Paco taglia i corpi di uomini e donne con la fiamma ossidrica, lima i pezzetti di acciaio scintillante e li adatta alle forme del corpo, in un tintinnio di ferraglia che stupisce e sconcerta. Tanto che in molti stentano a definirlo stilista (Coco Chanel sprezzantemente lo definiva il “metallurgico” delle passerelle).

Lui rispondeva sempre con un sorriso gentile e sornione, per niente stupito dello sprezzo della critica e del business che provocava ai defilè con le sue donne amate da milioni di visionari ai quali ha dedicato i tanti profumi, primo su tutti One Million tutto d’oro che oggi ha conquistato di nuovo i giovanissimi nel mondo. "La creazione deve essere un gioco perché la moda è inutile" sentenziava ogni volta davanti agli occhi sgranati del pubblico adorante.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro