Giovedì 18 Aprile 2024

Google ci fa sentire più intelligenti di quanto non siamo davvero

Con tutte le risposte sempre a portata di smartphone, rischiamo di confondere la conoscenza di Internet con la nostra

I confini fra la nostra conoscenza e quella che prendiamo da Internet possono confonfersi

I confini fra la nostra conoscenza e quella che prendiamo da Internet possono confonfersi

Bastano due passaggi e tre secondi sullo smartphone, e in qualunque momento possiamo trovare la risposta a qualsiasi domanda ci venga in mente. Abbiamo tutta la conoscenza del mondo a portata di mano, sempre e ovunque. Una indiscutibile comodità, rispetto ai tempi in cui bisognava affidarsi solo alla memoria oppure scartabellare libri ed enciclopedie. Ma c'è una controindicazione: l'accessibilità istantanea alle informazioni può anche cambiare come percepiamo le nostre conoscenze e farci sentire più intelligenti e informati degli altri. Per dirla con le parole di Adrian Ward della University of Texas at Austin, autore di uno studio sul fenomeno: "Quando siamo costantemente connessi alla conoscenza, i confini fra quella 'esterna' e quella 'interna' iniziano a svanire: confondiamo la conoscenza di Internet con la nostra". Il ricercatore lo ha appurato conducendo vari esperimenti. Nel primo i partecipanti dovevano rispondere a dieci domande di cultura generale divisi in due gruppi: uno poteva consultare Internet, l'altro no. "Non a sorpresa, i partecipanti che hanno usato Google hanno risposto correttamente a più domande e si sono dichiarati più sicuri della propria abilità di accedere a conoscenze esterne. E, cosa invece più sorprendente, erano anche più fiduciosi nella propria memoria". Nel secondo test, dopo una prima prova simile alla precedente, ai partecipanti veniva detto che avrebbero dovuto sottoporsi a un'altra serie di domande ma questa volta senza Internet, ed era loro richiesto di stimare quante riposte corrette sarebbero riusciti a fornire. "Coloro che avevano completato la prima prova usando Google erano convinti che avrebbero fatto decisamente meglio [rispetto alle previsioni espresse dagli altri], anche affidandosi solo sulla propria memoria". Il che fa ipotizzare che, inconsciamente, sovrastimassero le proprie conoscenze effettive e sottostimassero il supporto di Google. E così via: esperimento dopo esperimento, l'ipotesi iniziale ha preso sempre più sostanza. Interessante notare che, al termine dei test, le persone che avevano usato Google faticavano più delle altre a ricordare la fonte da cui avevano preso le risposte e tendevano ad attribuirsi soluzioni che invece avevano reperito in Rete. "Abbiamo visto che le persone arrivano addirittura a dimenticare che hanno googlato una domanda", dice Ward. Questa confusione può avere ricadute nella vita reale. Ad esempio, pensare di sapere più di quanto sappiamo davvero, solo perché abbiamo tutto lo scibile umano a portata di mano, potrebbe spingerci a prendere decisioni affrettate e presuntuose in ambiti delicati come la salute e le finanze. Oppure potrebbe indurre gli studenti a trascurare gli argomenti che sentono già – a sproposito – di conoscere. A titolo di consiglio personale, Ward suggerisce di provare il più possibile ad affidarsi alla propria memoria prima di chiedere a Google, in modo da mantenere in allenamento i "muscoli" del cervello. Lo studio è consultabile sul sito di Proceedings of the National Academy of Sciences.

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