Mercoledì 24 Aprile 2024

Gocce di cielo su di lui: addio Bacharach

Il grande compositore americano tre volte premio Oscar è morto a 94 anni. Stretto il rapporto con Sanremo (che ieri sera lo ha ricordato)

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di Andrea Spinelli

Sipario. Burt Bacharach diceva sempre che sarebbe stato sciocco avere rimpianti, perché alla sua età ogni istante valeva oro e non poteva certo andare sprecato recriminando sulle occasioni perdute. Il privilegio di essersene andato per cause naturali mercoledì nella sua casa di Pacific Palisades, vicino Los Angeles, gli ha permesso di assaporare i “magic moments” di un’esistenza straordinaria fino a 94 anni. Nato a Kansas City il 12 maggio 1928, Burt Freeman Bacharach con 73 hit entrate nella top 40 d’oltre oceano (e 52 in quella inglese) rimane un monumento del songwriting americano del Novecento al pari di colossi come Cole Porter, Irving Berlin, George Gershwin, Jerome Kern, Richard Rodgers & Lorenz Hart.

"Tutta la musica che sentirete stasera è stata scritta dal pianista" scherzava negli show l’autore di The look of love sedendosi alla tastiera di quello Steinway nero con cui rendeva volatili i pensieri con I’ll never fall in love again, Do you know the way to San Jose, Walk on by, What the world needs now is love, I say a little prayer e gli altri classici nati dalla collaborazione col paroliere Hal David, compresi celebrati temi cinematografici come What’s new, Pussycat?, (The man who shot) Liberty Valance o Raindrops keep falling on my head (dal Butch Cassidy con Redford e Newman, canzone portante del film lanciata in Italia con la traduzione Gocce di pioggia su di me). Ma anche gli altri evergreen di una carriera di 500 canzoni, sei Grammy e tre Oscar come That’s what friends are for, quell’ Arthur’s theme reso un successo planetario da Christopher Cross.

Famosi i matrimoni, quattro, compresi quelli con Angie Dickinson e Carole Bayer Sager. Cominciata nei panni di pianista di Marlene Dietrich, infatti, la carriera di Bacharach ebbe la sua prima svolta nel 1957 con l’inizio del sodalizio con David e nel 1961 da quello con Dionne Warwick. Capace di lavorare con Aretha Franklin come con Dr.Dre, con Barbra Streisand come con Perry Como, Tom Jones o Elvis Costello (Painted from Memory arrivato pure al Grammy grazie al singolo I still have that other girl) Bacharach ha mantenuto per tutta la vita un piede nella musica e uno nel cinema, passando da Casino Royale al cinema indipendente di quel A boy called Po, film sul rapporto tra padre e figlio autistico per il quale scrisse (gratuitamente) le musiche col pensiero alla sua (e di Angie) Nikki, suicida nel 2007 dopo quarant’anni di lotta con la sindrome di Asperger. Ironiche le incursioni nella saga Austin Powers di Mike Myers nella parte di sé stesso.

"Quando componi cerchi di farlo al meglio e se manchi il bersaglio provi a chiederti perché" diceva. "La musica è connessione con la gente, non arrivare al pubblico significa fallire questa straordinaria opportunità. Sulla musica, comunque, mantengo un certo controllo, mentre sugli animali no; ho avuto 84 cavalli da corsa e le delusioni sono fioccate, ma non me ne sono mai fatto una malattia". Col pensiero alle collaborazioni con Ornella Vanoni, Chiara Civello, con Mario Biondi, con Karima Ammar, pure Sanremo ieri notte l’ha ricordato con le note di I say a little prayer. "Adoro Biondi, è un artista meraviglioso e mantengo un ricordo straordinario della nostra esibizione a Sanremo" ammetteva. "Quando ero bambino, tutti nella mia famiglia mi chiamavano Felice...", racconta tra le pagine più tenere dell’autobiografia. Lo è stato fino all’ultimo.

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